"All'inferno e ritorno", Piero Terracina racconta Auschwitz
Platea gremitissima di giovani e molte persone in piedi, stamane, nell'Aula Magna del Polo universitario, per l'incontro con Piero Terracina, uno degl...
Platea gremitissima di giovani e molte persone in piedi, stamane, nell'Aula Magna del Polo universitario, per l'incontro con Piero Terracina, uno degli ultimi sopravvissuti ancora in vita, tra gli ebrei italiani, al campo di sterminio di Auschwitz. Terracina fu deportato, insieme a tutta la sua famiglia, nel maggio del 1944 quando aveva appena quindici anni. E' stato l'unico a tornare, dopo la liberazione avvenuta, ad opera delle truppe russe, il 27 gennaio 1945. "Oggi vi racconterò l'inferno - ha esordito - non quello di Dante o delle religioni, da cui nessuno è mai tornato, vi parlerò di un inferno chiamato Auschwitz. In quel luogo nulla era impossibile. Vi si assassinavano fino a 10 mila persone al giorno, ridotte in cenere e fumo". Un racconto, il suo, che ha tenuto inchiodato alle sedie il pubblico presente e che ha più volte incrinato di commozione la stessa voce dell'anziano superstite di cui, nel video che trovate a fondo pagina, abbiamo voluto proporvi alcuni passaggi salienti. Che Terracina senta come "dovere" quello della testimonianza lo si comprende anche quando denuncia il pericolo delle tesi negazioniste secondo cui lo sterminio non sarebbe avvenuto: "Queste sono persone che se fossero vissute a quel tempo sarebbero state dalla parte degli aguzzini. La libertà di opinione e di parola non può essere utilizzata fino a questo punto, per negare l'innegabile. Dove sarebbero finiti, per costoro, i milioni di persone strappate alla loro vita, alle loro case, alle loro famiglie e che non hanno più fatto ritorno?". L'importanza di non dimenticare, di impegnarsi per la libertà e contro ogni forma di dittatura, la capacità dell'essere umano di resistere e superare anche l'indicibile sono alcuni dei "segni" che Terracina ha saputo lasciare in tutti coloro che oggi hanno avuto la fortuna di ascoltarlo. "Il caso ha voluto che io sopravvivessi a tutto quell'orrore - ha raccontato - non ho fatto nulla di speciale per meritarlo, avevo quindici anni e volevo vivere- A quell'età si rimane aggrappati alla vita a costo di subire qualsiasi sopruso". Poi, alla domanda di uno degli studenti sul perdono, ha risposto: "Il perdono è individuale, potrei - se qualcuno me lo avesse chiesto e non è accaduto - perdonare solo per ciò che è stato fatto a me ma non per quello che è accaduto alla mia famiglia, ad un intero popolo, tutti innocenti. Io non perdono, quello che è stato fatto non può essere perdonato". "Un grande dono", ha definito la sua presenza e il suo racconto la dirigente dell'Istituto Alberghiero di Erice, Pina Mandina. La scuola si è fatta promotrice, insieme al Lions Club di Trapani, dell'iniziativa "Ricordare la dimenticanza" - a settanta anni dalla liberazione del campo di sterminio - che ha visto anche il coinvolgimento attivo degli alunni che hanno prodotto degli elaborati tra cui è stato premiato il video realizzato da tre ragazze. Ieri Piero Terracina era stato accolto in vetta dal sindaco di Erice, Giacomo Tranchida, prima al "Faro di Pace" della Torretta Pepoli e poi a Palazzo Comunale. Gli è stato donato un piatto in ceramica con lo stemma del Comune e una colomba che tiene nel becco un ramoscello d’ulivo, simbolo di pace. Nel pomeriggio l'incontro con i soci del Lions Club trapanese nel corso del quale Terracina ha sottolineato l'importanza dei valori - libertà , amicizia, solidarietà , amore - i soli che rendono degni di essere considerati tali gli esseri umani.
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