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"In guerra per amore", Pif torna in Vetta per presentare il suo film - Trapani Oggi

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"In guerra per amore", Pif torna in Vetta per presentare il suo film

23 Ottobre 2016 13:42, di Ornella Fulco
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Dalle stragi di mafia nella Palermo degli anni Ottanta e Novanta, ne “La mafia uccide solo d'estate”, allo sbarco degli Alleati in Sicilia raccontato ...

Dalle stragi di mafia nella Palermo degli anni Ottanta e Novanta, ne “La mafia uccide solo d'estate”, allo sbarco degli Alleati in Sicilia raccontato nel suo ultimo lavoro per il grande schermo. Ieri, ad Erice, Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, ha presentato "In guerra per amore" di cui è regista e protagonista. "Ero partito con l'idea di fare un film sui partigiani, il cui valore spesso nel nostro Paese è ancora sottovalutato, e sono finito a raccontare l'operazione Husky e l'appoggio dato dalla mafia agli Stati Uniti per l'arrivo in Sicilia - ha raccontato nel corso dell'incontro con la stampa, svoltosi in Vetta, a Palazzo Municipale, alla presenza del sindaco Giacomo Tranchida - un argomento sul quale, mi sono documentato, non esistono film di rilievo". "Io ho sempre pensato - ha detto Pif - che non ci sia molta differenza tra i partigiani che combattevano i fascisti e i nazisti e chi oggi combatte la mafia. Sono profondamente convinto che la lotta alla mafia è una lotta per la libertà, come quella dei partigiani. Cambiano gli attori ma si tratta di essere liberi, per esempio, di andare a Palermo e girare un film senza dover pagare il pizzo, di avere un'attività commerciale senza sottostare a questo tipo di ricatto, è sempre resistenza". "In guerra per amore" rivela, ancora una volta, l'attitudine del regista palermitano a raccontare, sul grande schermo, storie del passato, preferenza da lui stesso confermata: "Non mi piacciono gli instant movie, io non riesco a pensare di raccontare al cinema le storie del presente, per quelle uso la televisione. Forse dovrò imparare o magari anche no. Un film è come un libro, dura per sempre, la tv nel momento in cui la fai va via. Nessuno, in una serata tra amici, direbbe guardiamoci una puntata di un varietà di tanti anni fa mentre un film, anche vecchio, lo vedi. Certo - conclude ridendo - girare un film sul presente è più economico mentre farne uno ambientato nel 1943 è più costoso". In effetti Pif è molto bravo a cominciare i suoi racconti con quel "c'era una volta" ammantato di realismo poetico, e a chiuderli con un lieto fine in cui, però, c'è una "nota stonata" che lascia - come è giusto che sia - l'amaro in bocca, che toglie, almeno per un attimo, il respiro, come un pugno che arriva inaspettato allo stomaco. Accade nella vita e accade nel film. Una storia in cui lo spettatore trova diversi momenti per sorridere e altri per soffermarsi a riflettere, come nella tradizione della grande Commedia all'italiana. "Una coraggiosa operazione di verità - l'ha definita il sindaco di Erice Giacomo Tranchida - che tiene alta la bandiera del riscatto di questa terra". Il primo cittadino, che ha confessato di aver superato le iniziali perplessità dopo aver discusso con Pif e letto la sceneggiatura, ha ribadito che la città della Vetta "non è la Crisafullo del film dove il boss locale diventa sindaco" ma, anzi, la città dove nel 1922 venne ucciso, per mano mafiosa, il sindaco Sebastiano Bonfiglio. Un richiamo, peraltro, contenuto anche nei titoli di coda de "In guerra per amore" dove il regista e la produzione ringraziano l'amministrazione comunale e i cittadini di Erice, svariati dei quali impiegati come comparse nelle scene del film, per la collaborazione e l'accoglienza ricevuta. E, parlando di accoglienza, Tranchida ha annunciato ufficialmente che a Pif sarà conferita la cittadinanza onoraria ericina e che la cerimonia si svolgerà, quasi sicuramente, nel mese di dicembre. Pare, inoltre, che il regista palermitano sia intenzionato ad acquistare un'abitazione nel borgo medievale "pagando l'IMU come tutti gli altri cittadini", hanno precisato scherzosamente lui e Tranchida. Seguendo le avventure, tra New York e la Sicilia, del soldato Arturo Giammarresi che partecipa allo sbarco nell'Isola per andare a chiedere la mano dell'amata Flora al padre della giovane, il film prosegue, con le bellissime immagini di Erice, delle Saline e di altre location del Trapanese ma anche della "Scala dei Turchi" nell'Agrigentino - con le quali Pif costruisce il paese immaginario di Crisafullo - verso il finale che, senza voler togliere a coloro che andranno nelle sale l'opportunità di viverlo, ci consegna alla consapevolezza di un destino amaro che, forse, poteva essere evitato se certe scelte fossero state diverse. Disseminate qua e là nella pellicola anche una serie di "citazioni" di immediata riconoscibilità e impatto visivo: la statua di Mussolini, gettata dalla finestra da un sostenitore deluso, che resta appesa a testa in giù tra i panni stesi ad asciugare come a testa in giù fu appeso il cadavere del duce in piazzale Loreto a Milano; il minuscolo pastore siciliano che nel film indica la strada al soldato Arturo, come nella famosa foto scattata da Robert Capa, la panchina "alla Forest Gump" sulla quale siede il soldato, al ritorno negli USA, nell'attesa vana di essere ricevuto alla Casa Bianca sono come un sottotesto che viaggia insieme al flusso principale del film, arricchendolo di sollecitazioni e rimandi ulteriori. Parlando della Sicilia attuale, Pif respinge la definizione di “terra del Gattopardo” dove tutto cambia perché nulla cambi davvero: “Io guardo all'Isola con l'occhio ottimista di chi, comunque, vive altrove ma questo mi pare, oggi, un alibi culturale. Se penso alla Palermo di quando avevo dieci anni e alla Palermo di adesso non posso che dire che le cose sono cambiate in meglio. Forse, semmai, dovrebbero cambiare più velocemente. Oggi, oltre alla mafia, mi preoccupa la 'lagnusia' [ndr pigrizia] di certi Siciliani, di quelli che, dopo il furto del motorino, vanno dai mafiosi del quartiere per farselo restituire e non dai Carabinieri a denunciare". Dopo l'incontro con la stampa, Pif è stato pacificamente assaltato in piazza Loggia dal pubblico presente tra selfie e strette di mano. Tre le proiezioni, tra ieri e stamattina, proposte al teatro "Ghebel Hamed". Il film sarà nelle sale a partire dal prossimo 27 ottobre e scommettiamo che anche chi ha avuto la possibilità di fruire delle anteprime avrà voglia di pagare il biglietto e tornare a vederlo, "per amore" di verità. Molti mafiosi, dopo lo sbarco, presentandosi come antifascisti, riuscirono ad inserirsi nei posti chiave del governo siciliano. Don Calogero Vizzini venne nominato sindaco di Villalba, Salvatore Malta sindaco di Vallelunga, Genco Russo sovrintendente agli Affari Civili di Mussomeli, Damiano Lumia fu nominato interprete di fiducia presso il "Civil Affairs Office di Palermo", al boss mafioso Vincenzo De Carlo fu affidato il controllo degli ammassi di grano, giusto per citare i più noti alle cronache. La mafia in questo modo riuscì ad uscire dalla clandestinità, in cui era stata relegata dal regime fascista, ottenendo una legittimazione del proprio potere non più solo sul piano locale ma anche su quello nazionale e internazionale. Già nel suo "Report on the Problem of Mafia in Sicily" dell'ottobre 1943 il capitano W.E. Scotten - vice console di Palermo - mostrò che dal giorno dall’occupazione angloamericana e con la caduta del fascismo la mafia aveva recuperato il controllo criminale nell’Isola. Scotten prospettava tre soluzioni: la prima prevedeva l'arresto e la deportazione, per tutta la durata della guerra, di cinquecento o seicento capimafia; la seconda consisteva nel raggiungere un accordo di non interferenza con la mafia in cambio della rinuncia, da parte dell'organizzazione criminale, a tutte le attività connesse con il movimento e il commercio delle derrate alimentari o di altri generi di prima necessità per la popolazione o prodotti utili al proseguimento della guerra; la terza soluzione era quella del contenimento, con l’abbandono di ogni tentativo di controllo sulla mafia in Sicilia e la ritirata in piccole zone di enclave, delimitate e protette, all’interno delle quali esercitare un vero e proprio governo militare. Delle tre soluzioni prospettate fu seguita l’ultima, più facile e meno dispendiosa dato che il governo militare sarebbe stato presto abolito e la Sicilia sarebbe stata restituita di lì a qualche mese all’Italia. Il resto è dolorosa storia dell'Isola fino ai giorni nostri. [metaslider id=93677]

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