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Trapani | Cronaca

Mafia: arrestati 11 presunti fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro

03 Agosto 2015 08:21, di Niki Mazzara
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Sono undici le persone arrestate dalla Polizia con l'accusa di essere tra i fiancheggiatori del boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro. Perquisi...

Sono undici le persone arrestate dalla Polizia con l'accusa di essere tra i fiancheggiatori del boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro. Perquisizioni sono state effettuate nelle province di Trapani  e Palermo nei confronti di capi delle "famiglie" di Cosa Nostra trapanese e di presunti favoreggiatori del boss latitante. Si tratta di: Vito Gondola, 77 anni, di Mazara del Vallo, reggente  - si legge nella nota diffusa dagli inquirenti - del clan mafioso di Mazara del Vallo; Michele Gucciardi, 62 anni, reggente della "famiglia" di Salemi; Giovanni Domenico Scimonelli, 48 anni, nato a Locarno e ritenuto appartenente al clan di Partanna; Pietro Giambalvo, nato ad Ustica nel 1938, ritenuto uomo d’onore della famiglia mafiosa di Santa Ninfa; Vincenzo Giambalvo, di Mazara del Vallo, 38 anni, ritenuto appartenete alla "famiglia" mafiosa di Santa Ninfa; Sergio Giglio, 46 anni, di Salemi; Ugo Di Leonardo, 73 anni, geometra in pensione, incensurato, di Santa Ninfa; Michele Terranova, 46 anni, di Salemi; Giovanni Mattarella, 49 anni, di Mazara del Vallo, ritenuto uomo d’onore della "famiglia" mafiosa di Mazara del Vallo; Leonardo Agueci, 28 anni, ragioniere incensurato, nato a Salemi e residente a Gibellina; Giovanni Loretta, 43 anni, di Mazara del Vallo. I primi otto sono accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso mentre gli ultimi tre di favoreggiamento aggravato dalla modalità mafiosa per aver agevolato la latitanza di Messina Denaro. Eseguite anche diciotto perquisizioni personali e domiciliari nei confronti di altrettante persone indagate a piede libero per gli stessi reati e sono in corso verifiche di natura finanziaria presso alcuni Istituti di credito svizzeri dove si ritiene plausibile che alcuni indagati possano aver depositato somme di denaro utili al sostentamento economico di Matteo Messina Denaro. L'operazione, coordinata dalla Dda di Palermo, è stata eseguita dalle Squadre Mobili di Trapani e Palermo con il coordinamento dello Sco e con la partecipazione dei militari del Ros e di quelli del reparto operativo del Comando provinciale Carabinieri di Trapani. Le indagini, prosecuzione delle operazioni "Golem" ed "Eden" che hanno già portato all'arresto di altri fiancheggiatori e di alcuni familiari di Messina Denaro, hanno messo in luce l'utilizzo da parte del boss dei "pizzini", metodo preferito da Bernardo Provenzano, il cui scambio avveniva - con cadenza trimestrale - in nelle campagne di Mazara del Vallo e Campobello di Mazara. Gli inquirenti hanno accertato che i bigliettini venivano nascosti, ripiegati e coperti con nastro adesivo, sotto terra e recuperati dopo i summit mafiosi che vi si tenevano per essere consegnati ai destinatari. I "pizzini" dovevano essere letti e distrutti e le risposte dovevano giungere al massimo entro 15 giorni. Le investigazioni dei Carabinieri del Ros hanno consentito di definire il ruolo di vertice di Vito Gondola che era incaricato di risolvere le controversie interne al sodalizio e di mantenere un capillare controllo del territorio finalizzato all’infiltrazione del tessuto economico locale attraverso imprese di diretta emanazione dell’organizzazione criminale. Sono stati documentati, infatti, i suoi ripetuti interventi per dirimere contrasti inerenti la spartizione dei guadagni provenienti dalla realizzazione del parco eolico “Vento di Vino”, destinati anche al sostentamento del nucleo familiare dei Messina Denaro e dello stesso latitante. Gli scambi dei bigliettini, ad un certo punto, hanno subito un arresto, che gli inquirenti ricollegano a un temporaneo possibile allontanamento di Messina Denaro - il cui nome è presente in alcune conversazioni intercettate - dalla Sicilia. I mafiosi non si riunivano mai all'interno delle masserie ma solo nelle campagne, cosa che ha reso più complicate le intercettazioni. L'indagine, coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall'aggiunto Teresa Principato e dai pm Paolo Guido e Carlo Marzella, aveva preso il via nel 2011, dopo un'operazione che disarticolò la rete dei favoreggiatori e i mafiosi furono costretti a riorganizzare le loro modalità di comunicazione.

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