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Omicidio Lombardo, indagini su Messina Denaro fanno luce su esecutori

30 Novembre 2015 14:01, di Ornella Fulco
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Omicidio aggravato dal metodo mafioso, questa l'accusa con la quale sono stati arrestati stamane, da Carabinieri e Polizia, il calatafimese Nicolň Nic...

Omicidio aggravato dal metodo mafioso, questa l'accusa con la quale sono stati arrestati stamane, da Carabinieri e Polizia, il calatafimese Nicolò Nicolosi, e il salemitano Attilio Fogazza, entrambi di 44 anni. Il provvedimento di fermo di indiziato di reato è giunto al termine dell’indagine coordinata dal Procuratore Aggiunto Maria Teresa Principato e dai Sostituti Procuratori Carlo Marzella e Francesco Grassi della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo. I due sono ritenuti responsabili dell'uccisione di Salvatore Lombardo, un pregiudicato per reati contro il patrimonio, avvenuta il 21 maggio 2009. L'uomo venne raggiunto da alcuni colpi di fucile calibro l2 mentre si trovava in un bar di Partanna. In quell'occasione, dopo aver assolto all'obbligo della firma presso la caserma dei Carabinieri, intorno alle 19 si era recato nel bar di via XV Gennaio dove era scattato l'agguato. Due uomini erano sopraggiunti a bordo di una Volkswagen Polo di colore scuro e, mentre uno rimaneva all’interno dell’auto, l’altro aveva esploso alcuni colpi di fucile contro il pregiudicato partannese uccidendolo. Le immagini riprese dalle videocamere di due esercizi commerciali dislocati lungo il tragitto compiuto da Salvatore Lombardo per andare a firmare e poi tornare al bar, avevano mostrato che i suoi spostamenti erano stati seguiti dagli assassini la cui identità, però, era rimasta ignota. La svolta nelle indagini su questo "cold case" è giunta dalle attività condotte, dai poliziotti del Servizio Centrale Operativo della Polizia e dai Carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale, nell’ambito della ricerca del boss latitante Matteo Messina Denaro. Da alcune interecettazioni è emerso, infatti, che Salvatore Lombardo era sospettato, dagli appartenenti al clan mafioso castelvetranese, di essere l’autore del furto di un camion di merce ai danni del supermercato DESPAR di Partanna gestito, di fatto, da Giovanni Domenico Scimonelli di cui, peraltro, Fogazza è un dipendente. L'omicidio, quindi, si inquadrerebbe nell'ottica della "punizione" per uno "sgarro” compiuto nei confronti del boss. Scimonelli, proprio lo scorso mese di agosto, è stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, eseguita nell’ambito dell’operazione “Ermes”, perché ritenuto esponente della famiglia mafiosa di Partanna e per aver favorito, secondo la ricostruzione degli inquirenti, la latitanza di Matteo Messina Denaro e agevolato nelle sue funzioni di comando il reggente del mandamento mafioso di Mazara del Vallo Vito Gondola. Dalle risultanze investigative è emerso il suo ruolo di Scimonelli come punto di riferimento per lo smistamento dei messaggi da e per il boss latitante. Sulla base dei nuovi elementi emersi la Procura Distrettuale di Palermo ha potuto riaprire le indagini e gli Uffici investigativi di Palermo e Trapani di Carabinieri e Polizia hanno acquisito così gli elementi necessari per giungere al fermo di Nicolosi e Fogazza. Il primo, inoltre, nel marzo del 2010, era stato sottoposto a fermo di indiziato dei delitto, nell’ambito dell’operazione “Golem II”, per aver tentato d’incendiare le auto e i mezzi di alcuni piccoli imprenditori "al solo fine di agevolare le attività di Cosa Nostra". Tornando all'omicidio Lombardo, secondo la ricostruzione degli investigatori, l'uomo venne trattenuto all’interno del bar con la scusa di una partita a carte e si allontanò solo per apporre la firma presso la caserma dei Carabinieri, seguito dai suoi killer. Quando tornò al bar, quasi contemporaneamente alla sua "esecuzione" un camion bloccò la strada, presumibilmente per impedire l’arrivo di eventuali soccorsi e consentire agli assassini - che agirono a volto scoperto - di muoversi indisturbati. Le indagini del gruppo di investigatori impegnati per la cattura di Matteo Messina Denaro hanno, inoltre, messo in luce le critiche espresse da alcuni appartenenti al clan sull’attuale gestione del potere criminale nell'Isola, soprattutto in relazione ai ripetuti arresti dei familiari e fiancheggiatori del boss latitante e per il suo "immobilismo" nel dare chiari segnali di "presenza" agli affiliati sul territorio.

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