Economia

Ministro Gentiloni ai pescatori: "Evitare attività davanti coste Libia"

Dopo la richiesta presentata all'ambasciatore italiano in Tunisia dal presidente del Distretto della pesca Giovanni Tumbiolo, il ministro degli Ester...

Niki Mazzara

Dopo la richiesta presentata all'ambasciatore italiano in Tunisia dal presidente del Distretto della pesca Giovanni Tumbiolo, il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ed il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, hanno risposto con una lettera in merito alla possibilità di pattugliare le zone di pesca davanti alle coste della Libia con navi militari italiane per garantire la sicurezza in acque internazionali. Nella nota si invita la marineria mazarese "all'adozione di ogni cautela sconsigliando, almeno in questa fase, le attività di pesca in acque prospicienti la Libia". "E' in atto una riflessione approfondita con tutte le amministrazioni interessate sulle misure necessarie a meglio tutelare il nostro naviglio nell'area - scrive Gentiloni - e confermo che, non appena ve ne saranno le condizioni, sarà riavviata un'azione ad ampio raggio a sostegno degli interessi italiani nel settore". Le associazioni della pesca, intanto, hanno incontrato, nei giorni scorsi, l'eurodeputata siciliana Michela Giuffrida chiedendole un intervento per ripristinare la sicurezza in quelle acque venuta a mancare da quando la Libia, nel febbraio 2005, ha esteso unilateralmente la propria sovranità fino al limite di 74 miglia marine dalla costa, impossessandosi - di fatto - delle zone più pescose, in particolare per la cattura dei gamberi. I pescatori siciliani, ed in particolare quelli mazaresi, vivono da anni una situazione di disagio, pagando un prezzo altissimo per il proprio lavoro: 130 i pescherecci sequestrati da unità militari navali dei Paesi rivieraschi, 5 dei quali definitivamente confiscati; oltre 350 i pescatori che hanno subito la detenzione forzata nelle carceri tunisine, libiche, egiziane; tre i morti sul campo ed oltre dieci i feriti; 30 i milioni di euro spesi tra ammende, riscatti e multe a cui vanno ad aggiungersi i mancati guadagni e le spese dovuti ai sequestri del pescato, delle reti e delle attrezzature, stimati in oltre 60 milioni di euro. "E' un prezzo - sottolinea il presidente  Tumbiolo - che prima o poi qualcuno deve ripagare alla nostra comunità che si è impoverita per colpe non proprie".

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