Cronaca

Trent'anni dopo la sua morte, Partanna ricorda Rita Atria

"Rita nel cuore 30 anni dopo"

Laura Spanò

"Rita nel cuore 30 anni dopo" è il titolo della manifestazione che si svolgerà questo pomeriggio a Partanna per ricordare l'anniversario della scomparsa di Rita Atria, la testimone di giustizia che collaborò con il giudice Paolo Borsellino, morta suicida una settimana dopo la strage di via D'Amelio.

Il ricordo di Rita inizia alle 16 presso il cimitero del paese e proseguirà nella Chiesa Madre dove si svolgerà una messa di suffragio celebrata dal vescovo di Mazara del Vallo Domenico Mogavero.

Il 26 luglio del '92 Rita Atria viene trovata in una pozza di sangue a Roma. Si sente un tonfo in quella calda giornata di Luglio e il suono di un corpo volato giù dal settimo piano di uno di quei palazzi di Viale Amelia al numero civico 23, è una ragazza. Nessuno però sa come si chiami, né da dove venga.

A 30 anni dalla sua morte, un esposto in Procura chiede di riaprire le indagini per sciogliere i dubbi sul suicidio, in un libro inchiesta (“Io sono Rita”, edito da Marotta & Cafiero), scritto dalle giornaliste Giovanna Cucè e Graziella Proto, insieme alla cofondatrice dell’Associazione Antimafie Rita Atria, Nadia Furnari, vengono posti diversi interrogativi.

Rita è la piccola di casa Atria, vive a Partanna, nella valle del Belice. Nella geografia di Cosa Nostra, sotto il mandamento dei Messina Denaro.

Cresce all'ombra del mito del padre rispettato da tutti. Poi i killer ammazzano Don Vito Atria mentre è in auto ad aspettare il garzone che lo aiuta nelle sue terre. Rita ha 13 anni rimane sola con la madre, Giovanna Cannova, e con la sorella, Anna Maria. L’altro fratello, Nicola, cerca vendetta ma questo gli procura il vuoto attorno e anche lui viene ammazzato.

Rita non ci sta molto a capire in che mondo è vissuta fino ad allora.

A novembre del 1991 Rita decide di spezzare quell'omertà che la circonda... parla, non smette più. Un’altra donna della sua famiglia è già sotto protezione: Piera Aiello, la moglie di Nicola. Ora tocca a Rita. Rivela tutto ciò che sa, che ha visto. Notizie sull’uccisione di suo fratello e di suo padre.

Saranno mesi di indagini e di operazioni messe a segno grazie anche alle sua dichiarazioni. Rita fa nomi e cognomi, consegna un elenco ai magistrati, racconta di faide e famiglie che si contendono il potere mafioso in questa parte della provincia di Trapani. Povera, che vive di terra e di bestiame, dove arrivano i milioni post terremoto che finiscono anche nelle tasche dei più furbi.

Denaro pubblico su cui anche la mafia mette le mani. A Partanna due famiglie si spartiscono il potere criminale. «La faida fra le due famiglie Accardo-Ingoglia nasce dal fatto che l’organizzazione criminosa partannese metteva a capo il gruppo Accardo, cui spettava il potere decisionale, mentre in posizione subordinata stavano gli Ingoglia», racconta Rita Atria ai magistrati.

I primi, secondo le indagini, fanno affari soprattutto con la droga e le estorsioni. I secondi aggiungono anche gli appalti pubblici. In quegli anni i morti lasciati lungo le strade non si contano.

Su tutti un nome don Ciccio Messina Denaro, il patriarca. Un nome che Rita aveva sentito pronunciare dal padre. Don Ciccio e il figlio, Matteo, ancora oggi il latitante più ricercato di Cosa Nostra, sono a capo del mandamento di Castelvetrano.

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