Archiviazione per il cantante neomelodico.
Dopo indagine per istigazione a delinquere su nipote boss.
La dicotomia tra 'cultura alta' e 'cultura bassa' dovrebbe essere terminata da un pezzo, eppure c'è chi si ostina a manifestare disprezzo per tutto ciò che viene apprezzato dalla massa; dalla gente comune possibilmente con un basso grado di istruzione e dove i genitori non hanno studiato. Emblematiche in questo senso le parole della Procura di Catania che ha argomentato sul successo di alcuni esempi di canzone neomelodiche: " si palesano quali espressioni di una subcultura che non può essere sottoposta a censura per ciò solo, se non accompagnata da esplicite condotte emulative che si richiamano espressamente ad essa".
Parole della procura etnea contenute nella richiesta di archiviazione disposta dal Gip, dell'inchiesta per istigazione a delinquere sul cantante Vincenzo 'Niko' Pandetta, nipote dello storico boss mafioso Turi Cappello.
Tra gli episodi oggetto di contestazione: un video su Facebook del 6 giugno del 2019 in cui prendeva le difese dello zio, secondo lui, " accusato ingiustamente" da 'pentiti di mafia', e in cui " proferiva espressioni ingiuriose e minacciose nei confronti degli intervenuti ad una puntata della trasmissione televisiva Realiti" ed " in particolare del consigliere regionale della Campania Francesco Borrelli";
Una sua esibizione ad un concerto non autorizzato , 'davanti a '200 persone, organizzato in onore di Marco Strano, appartenente al clan Cappello-Carateddi, all'epoca detenuto "; e un video su tik tok in cui affermava, tra l'altro, " lo capisci che sei sbirro, o non lo capisci?' e con la mano imitava sul collo il gesto di un taglio alla gola ai danni di una persona che aveva denunciato un familiare di un cantante.
Sentito dai Pm Pandetta ha spiegato di " essere cambiato e cresciuto e di rendersi conto di aver avuto comportamenti biasimevoli". Sullo zio boss detenuto al 41bis ha spiegato che gli manda delle poesie che sono sottoposte al visto di controllo. Per quel che riguarda il video di Tik Tok ha sostenuto che era collegato ad una lite con un automobilista che aveva chiamato la polizia stradale.
La Procura di Catania ha ritenuto che " la versione dei fatti fornita a discolpa appare verosimile" e che " in un contesto culturale ed ambientale " sui generis si palesano quali espressioni di una subcultura che non può essere censurata per ciò solo, se non accompagnata da esplicite condotte emulative che si richiamano in modo diretto ad essa". Il Gip ha ritenuto " le argomentazioni e le conclusioni dei pm logiche e convincenti" disponendo l'archiviazione del procedimento.
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