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Dal "Pepoli" a Catania gioiello di orafo ericino per la mostra su Sant'Agata

20 Gennaio 2017 17:27, di Ornella Fulco
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C'è un filo sottile ma importante che lega la città di Trapani alla Festa di Sant'Agata in programma, come ogni anno, dal 3 al 5 febbraio a Catania. U...

C'è un filo sottile ma importante che lega la città di Trapani alla Festa di Sant'Agata in programma, come ogni anno, dal 3 al 5 febbraio a Catania. Un filo che si riannoda e rinnova il legame artistico tra la città falcata e la Sicilia orientale molto vivo in passato quando gli artisti trapanesi venivano richiesti in quella parte dell'Isola per realizzare le loro opere nel campo dell'oreficeria, dell'argenteria e della scultura in pietra. Si tratta di un gioiello, custodito al Museo regionale "Agostino Pepoli", che da domani e fino al prossimo 12 febbraio, sarà tra gli oggetti esposti nella mostra allestita per l'occasione nella chiesa di San Francesco Borgia a Catania. Quella di Sant'Agata è considerata la terza festa dell'intera cristianità per partecipazione popolare, dopo la "Settimana Santa" di Siviglia e il "Corpus Domini" di Cuzco, in Perù. Ogni anno migliaia di pellegrini, devoti o semplici curiosi, invadono le vie del centro storico, dove il busto reliquiario della santa effettua un percorso, circondata e osannata da tantissimi devoti vestiti di bianco che le offrono fiori e ceri. Il pendente in oro e smalto nero costellato di 132 rubini, attribuito all'orafo ericino Paolo Aversa (o de Aversa) e realizzato intorno al 1632, raffigura proprio il busto reliquiario di Sant'Agata che, nelle due giornate di processione, viene posto insieme ad uno scrigno contenente altre reliquie della santa sotto al fercolo, un tempietto di argento riccamente lavorato. Aversa, e questa è la ragione all'origine del prestito del prezioso monile, assicurato per 70mila euro ma dal valore inestimabile perché si tratta di un esemplare unico, realizzò una delle placche in argento dello zoccolo del fercolo, raffigurante uno degli episodi del martirio di Sant'Agata. La placca è una delle poche sopravvissute ai danni inferti al tempietto dai bombardamenti del 7 aprile 1943. L'attuale macchina processionale, infatti, è stata completamente rifatta nell’immediato secondo dopoguerra inglobando i pezzi scampati alla distruzione. Il medaglione si trova custodito nel museo trapanese dai primi del Novecento quando, dopo la creazione della struttura ad opera del conte Agostino Pepoli, il tesoro della Madonna di Trapani, passato tra i beni dello Stato, vi fu trasferito. Il gioiello legato a Sant'Agata non è l'unica opera di Paolo Aversa: suoi sono, infatti, la corona in argento della Madonna di Custonaci e un Repositorio della chiesa di San Pietro, di proprietà della Diocesi di Trapani. Su commissione dei Gesuiti, inoltre, l'orafo di probabile origine campana realizzò un calice in argento, custodito ad Enna, e due candelabri, sempre in argento, custoditi a Catania. "Un passaggio importante - definisce questo prestito Luigi Biondo, direttore del Pepoli e del Polo museale della provincia di Trapani - in considerazione degli scambi che, in passato, hanno unito, dal punto di vista culturale, la Sicilia occidentale e quella orientale in maniera consistente. Oggi, grazie all'iniziativa catanese, voluta dal Comitato dei Festeggiamenti di Sant'Agata e dalla locale Soprintendenza ai Beni culturali, riallacciamo un dialogo che ci racconta della nostra storia".

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