Esplosione Ravanusa. Procura e carabinieri a lavoro per stabilire le cause
Italgas Reti conferma il propio impegno accanto a magistratati e investigatori per accertare la verità
Mentre
si piangono i morti di Ravanusa, l'Italia intera in questi giorni drammatici si è stretta attorno alla Comunità del comune agrigentino così duramente colpito da questa immane tragedia, ci si interroga su quanto e su cosa si poteva fare per evitare tutto questo. Accanto al dolore e all'impotenza, in Procura ad Agrigento gli inquirenti, che hanno aperto un fascicolo per disastro e omicidio colposo al momento contro ignoti. Si sta lavorando con l'obiettivo di dare una risposta il prima possibile alle famiglie che piangono i loro cari e a quelle che hanno perso le case ridotte a macerie a causa di questa esplosione che ha sconvolto un paese di poco più di 11 mila abitanti.
I Pm della Procura
titolari del fascicolo, un pool composto da magistrati, tecnici e investigatori coordinati dal Procuratore Capo, Luigi Patronaggio, stanno acquisendo carte e documenti relativi alle manutenzioni del metanodotto e questo nell'attesa che entrino in scena i periti per analizzare dal punto di vista tecnico la rete del gas da cui sarebbe partita la perdita che avrebbe provocato la deflagrazione. Ad indagare sono i carabinieri, su delega della Procura. Dalle prime verifiche, sarebbe stato accertato, che cinque giorni prima della strage ci sarebbe stato un intervento di manutenzione ordinaria sull'impianto; controlli, pare, che non avrebbero evidenziato alcuna criticità .
Naturalmente,
dovrà essere acquisito il verbale d'intervento per verificare chi abbia materialmente eseguito il collaudo e se questo sia stato fatto a regola d'arte ma dovranno essere ascoltati anche i tecnici che hanno effettuato quei controlli. Documenti saranno acquisiti anche alla Italgas, la società che gestisce la rete, e nelle ditte sub appaltatrici cui vengono affidate le manutenzioni.Nel frattempo sono stati ascoltate decine di abitanti della zona e anche i tecnici per cercare riscontri alla voce, in base alla quale nei giorni scorsi si sarebbe sentito un odore di gas proprio nella zona in cui poi c'è stata l'esplosione.
Comandante Provinciale Carabinieri Agrigento, Vittorio Stingo
"Allo stato - ha sottolineato in questi giorni il comandante provinciale dei carabinieri di Agrigento, Vittorio Stingo - nessuno ha confermato l'ipotesi di un odore di gas nei giorni scorsi. Non ci sono state segnalazioni né a noi né all'Italgas né all'amministrazione comunale. In ogni caso continueremo a fare tutti gli accertamenti necessari per verificare questa voce". Quanto alle cause che hanno provocato l'accumulo di gas nel sottosuolo, il colonnello ha sottolineato che al momento non è possibile stabilirle. "Potrebbe essere stata una frana – dice il comandante - questa è una zona con una elevata fragilità idrogeologica, ma non è escluso neanche che ci possa essere una cavità sotterranea naturale. Non lo sappiamo ancora, lo potremo verificare quando saranno rimosse le macerie".Â
Intanto
gli investigatori acquisiranno anche la relazione degli amministratori giudiziari nominati dal tribunale di Palermo nel procedimento di prevenzione che interessò Italgas nel 2014: in quel documento "scrivevano che Il 76% delle tratte" doveva "essere sottoposto con urgenza a un intervento di risanamento" dopo aver controllato, attraverso un pool di tecnici, la rete del metano gestita dalla società . I controlli avevano riguardato mezza Italia e anche gli impianti dell'Agrigentino. La vicenda Italgas fu anche oggetto di una inchiesta dell'Antimafia, anche se la stessa società Italgas a tal proposito ha ricordato che "la rete di Ravanusa non è stata oggetto di indagine e rilievi nel periodo di amministrazione giudiziaria del 2014". Italgas Reti ha confermato il "proprio impegno accanto alla Magistratura e alle Autorità competenti al fine di ricostruire con esattezza la dinamica dell'accaduto"
E proprio in questi giorni sarebbero dovuti partire i lavori nella zona sud-est di Ravanusa per "la messa in sicurezza e per l'aumento della resilienza dei territori più esposti a rischio idrogeologico e di erosione costiera", opere finanziate dalla Regione siciliana per quasi 5 milioni di euro attraverso fondi comunitari.
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