Il sindaco Ferrara arrestato per corruzione
Il sindaco di Calatafimi, Nicolò Ferrara, è stato arrestato dalla Polizia con l'accusa di corruzione, falsità ideologica e turbativa d'asta. Insieme a...
Il sindaco di Calatafimi, Nicolò Ferrara, è stato arrestato dalla Polizia con l'accusa di corruzione, falsità ideologica e turbativa d'asta. Insieme a lui sono finiti in manette anche due imprenditori palermitani, Ettore ed Enrico Crisafulli (padre e figlio) che devono rispondere di intestazione fittizia dei beni. Il gip ha disposto per tutti gli arresti domiciliari. L'inchiesta, che è coordinata dalla Procura di Trapani e svolta dagli uomini della Squadra Mobile, è stata avviata dopo la denuncia di un dipendente dell'impresa edile "Simaco" - gestita dai Crisafulli - che si è aggiudicata i lavori di urbanizzazione primaria di contrada Sasi a Calatafimi. In particolare, gli investigatori hanno puntato l’attenzione sulla vendita, mediante asta pubblica, di alcuni autocompattatori utilizzati per la raccolta di rifiuti nel territorio comunale ed in fase di dismissione.  Il sindaco Ferrara è accusato di corruzione per avere ricevuto dall’imprenditore di Calatafimi Francesco Fontana 3.000 euro per assicurargli l’aggiudicazione all'asta pubblica di vendita di un compattatore di proprietà del Comune, e di falsità ideologica per aver falsamente attestato in un provvedimento, con cui invitava il responsabile del Settore Finanziario a sospendere la stessa asta pubblica, che l'amministrazione comunale stava valutando la possibilità di riutilizzare i mezzi. Secondo gli investigatori il provvedimento si era reso necessario per prendere tempo e trovare una soluzione per garantire a Fontana l’esito favorevole della gara a fronte dell'imprevista partecipazione di altra impresa. Il sindaco è accusato anche di turbativa d’asta per avere, insieme a Fontana, turbato il regolare svolgimento della gara concordando fra loro che l'imprenditore di Calatafimi ritirasse l’offerta presentata, molto più consistente rispetto a quella formulata da un altro concorrente, con conseguente danno da mancato superiore ricavo per il comune di Calatafimi- Segesta. Gli elementi probatori che hanno portato all'arresto del primo cittadino sono stati riscontrati, oltre che attraverso intercettazioni, anche dalle "voci" raccolte tra funzionari comunali, dall’acquisizione di documenti nella sede del Comune e, soprattutto, dalle dichiarazioni rese da altri indagati a piede libero. In particolare, sarebbe stato proprio Francesco Fontana ad ammettere, durante gli interrogatori, di aver versato al sindaco Ferrara i 3.000 euro. Accusa che il primo cittadino, nel corso di un interrogatorio avvenuto prima del suo arresto, aveva provato a smentire, fornendo una ricostruzione dei fatti del tutto inverosimile ed inattendibile. Ferrara è indagato a piede libero anche per abuso d’ufficio continuato per aver omesso di denunciare alcune irregolarità emerse nella gestione delle forniture e dei subappalti relativi ai lavori di urbanizzazione primaria della zona artigiana di contrada Sasi di Calatafimi-Segesta da parte dell’impresa "Simaco" degli imprenditori Crisafulli. Lo stesso è, ancora, indagato a piede libero ed in concorso con altri, sempre per abuso d’ufficio continuato, anche per la nomina a responsabile dell’Ufficio Tecnico comunale di un funzionario privo di laurea e già in servizio al Comune di Salaparuta e per l'approvazione di una delibera sindacale inerente la convenzione tra il Comune di Calatafimi e quello di Salaparuta che prevedeva una retribuzione di 16.000 euro annui per lo stesso funzionario. Ferrara avrebbe anche emanato diverse determine sindacali che avevano garantito, sempre allo stesso funzionario, un ingiusto vantaggio patrimoniale, con correlativo danno del Comune. Una serie di condotte che appaiono paradossali se si pensa che Nicolò Ferrara, in qualità di presidente del Consorzio Trapanese “Legalità e Sviluppo”, aveva tenuto lo scorso mese di dicembre un seminario alla Prefettura di Trapani che trattava della normativa in tema di corruzione. Ettore ed Enrico Crisafulli devono rispondere, invece, del reato di intestazione fittizia di beni finalizzata ad eludere l’applicazione di eventuali misure di prevenzione patrimoniale nei loro confronti. Ettore Crisafulli ha diversi precedenti penali per associazione a delinquere di stampo mafioso, bancarotta e truffa ai danni di enti pubblici, il che spiega - secondo le tesi degli investigatori - l'esigenza di ricorrere a prestanomi di fiducia per evitare di comparire come diretto gestore di società attive sul mercato imprenditoriale. Lo stesso, nonostante l'apertura di un apposito procedimento davanti Tribunale di Palermo, non è mai stato raggiunto dall'applicazione di una misura di prevenzione di carattere patrimoniale, perchè, in passato, è stato sottoposto a programma speciale di protezione per aver testimoniato nell’ambito di indagini legate alle vicende del mafioso Angelo Siino. Dalle indagini condotte dalla Squadra Mobile di Trapani è emerso che, nonostante la formale intestazione delle cariche societarie a terzi, i ruoli di effettivo potere e controllo gestionale erano affidati ed attribuiti ad Enrico Crisafulli, direttore tecnico della società , e soprattutto a Ettore Crisafulli, reale "dominus" nella conduzione societaria. Gli indizi di colpevolezza a loro carico sono emersi dalle intercettazioni a loro danno e di altre persone, dall’escussione di imprenditori e funzionari pubblici e dal testo di una e-mail inviata dal Enrico Crisafulli ad un investigatore della Squadra Mobile nella quale lui stesso forniva un’ampia confessione sulle attività illecite del padre nella gestione delle loro società . I Crisafulli sono anche indagati a piede libero per violazioni penali in materia di subappalto e di assunzione di “lavoratori a distacco”. Oltre agli arresti di oggi, sono state effettuate undici perquisizioni domiciliari e personali a Calatafimi-Segesta, Palermo, Roma e Salaparuta sia a carico dei tre arrestati sia di altre otto persone indagate a piede libero.
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