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Il vescovo Mogavero: "Basta con il mercato clandestino dei migranti"

12 Maggio 2014 22:27, di Ornella Fulco
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«Per i trafficanti il mercato clandestino dei migranti é una miniera d’oro. Oggi piangiamo le vittime dell’ennesimo dramma consumato nel mare Mediterr...

«Per i trafficanti il mercato clandestino dei migranti é una miniera d’oro. Oggi piangiamo le vittime dell’ennesimo dramma consumato nel mare Mediterraneo dove i primi numeri diffusi ci ricordano la tragedia dell’ottobre del 2013». Questo il commento del vescovo di Mazara del Vallo, monsignor Domenico Mogavero, dopo il naufragio, nelle acque a sud di Lampedusa, di un barcone di migranti che ha provocato almeno 14 vittime e 200 dispersi. Monsignor Mogavero – che è il delegato della Conferenza Episcopale Siciliana alle migrazioni – soltanto pochi giorni fa era intervenuto all'Università di Palermo per la presentazione del libro “Confessioni di un trafficante di uomini” di Andrea Di Nicola e Giampaolo Musumeci. Il vescovo di Mazara del Vallo, proprio in quell’occasione, aveva avanzato una proposta: «Assistiamo impotenti agli sbarchi e alle tragedie, perché, allora, non dare la possibilità ai migranti di pagarsi un biglietto di viaggio e consentire loro l’ingresso nel nostro Paese tramite un sistema regolato con permessi temporanei?». Mogavero ha ribadito anche che «nel campo delle migrazioni non è ammessa neutralità. Dobbiamo tentare una lettura culturale del fenomeno, meno che mai una lettura politica. I flussi migratori? Sono movimenti di massa che non si riescono a fermare neanche con le leggi – ha detto ancora Mogavero – se qualcuno pensa che con l’operazione costosa “Mare Nostrum” riesce a frenare gli sbarchi sulle nostre coste, si è fatto i conti sbagliati». Il vescovo accennato anche ai tempi lunghissimi per il riconoscimento dello status ai richiedenti asilo: «Sono necessarie più Commissioni territoriali per i colloqui per ridurre le lunghe attese dei migranti. Così per come stanno le cose, se i migranti non vengono impegnati in attività dei centri d’accoglienza, li abituiamo all’ozio».

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