CronacaPalermo – «Questa mattina ho rassegnato, nelle mani del presidente del partito, Renato Grassi, e del segretario organizzativo nazionale, Pippo Enea, le mie dimissioni da segretario nazionale della Democrazia cristiana».
A scriverlo in una nota Totò Cuffaro, indagato dalla procura di Palermo che ne ha chiesto gli arresti domiciliari.
«Ringrazio – aggiunge – coloro che hanno condiviso con me un percorso di impegno e di servizio al partito. Il presidente ha convocato per il 20 novembre il Consiglio nazionale che sarà chiamato a esaminare e accettare le mie dimissioni irrevocabili e a definire le successive decisioni».
La decisione dell’ex presidente della Regione Siciliana è maturata dopo le accuse di essere il promotore di un’associazione a delinquere, di corruzione e turbata libertà degli incanti.
Con lui coinvolti nell’inchiesta ci sono l’ex ministro dell’Agricoltura Saverio Romano e altri 16 indagati.
– Le dimissioni di Cuffaro da segretario nazionale della DC? Bene, ma cambia poco. Occorre smantellare il sistema clientelare che sta rubando il futuro alla Sicilia. Piuttosto attendiamo un altro passo indietro, quello di Schifani. Solo allora i siciliani potranno cominciare a sperare di intravedere un filo di luce in fondo al tunnel in cui questo disastroso governo li ha cacciati”.
Lo affermano il coordinatore siciliano del M5S e vicepresidente dell’Ars Nuccio Di Paola e il capogruppo regionale 5 Stelle Antonio De Luca.
– «Cuffaro si dimette da segretario della Dc. Potremmo dire: era ora. La realtà è che c’era già qualcosa di profondamente malato e sbagliato nell’aver consentito (e in taluni casi corteggiato) uno che è stato in galera per favoreggiamento di mafiosi di ritornare in pompa magna al centro della politica siciliana. Chi era Cuffaro lo sapevamo tutti. Allora forse la verità è che molti cittadini siciliani per avere accesso ai servizi e ad una prospettiva di vita decente, devono ricorrere a questa gentaglia che li vincola elettoralmente. Commissariare la Sicilia ora. Unica soluzione per i siciliani». Lo scrive sui social il leader di Azione Carlo Calenda.


