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Intervista a Il fatto. Falsa, dice Aula, Vera, ribatte la giornalista

27 Novembre 2009 09:09, di Niki Mazzara
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Trapani, 27 novembre 2009- Lei sostiene di non aver detto quanto riportato nell’intervista pubblicata su Il Fatto quotidiano, ma la giornalista che l’...

Trapani, 27 novembre 2009- Lei sostiene di non aver detto quanto riportato nell’intervista pubblicata su Il Fatto quotidiano, ma la giornalista che l’ha intervistata insiste. Le protagoniste della vicenda sono Maria Antonietta “Picci” Aula, ex moglie del senatore del Pdl e presidente della commissione Ambiente del Senato Tonino D’Alì e la giornalista Sandra Amurri. Nodo della le presunte relazioni pericolose fra il politico trapanese e Cosa nostra. In particolare vengono citati due telegrammi di condoglianze , di Francesco Messina Denaro e di Filippo Guttadauro , giunti in occasione della morte del padre di D’Alì, nel 1983, ed una lettera del 1998 di Franco Virga, figlio del capomafia Vincenzo. Ma non manca un accenno anche al senatore Udc Totò Cuffaro che, dal canto suo, ha annunciato querela al giornale ed alla ex signora D’Alì. La vicenda: . in una intervista rilasciata dalla signora Aula, oggi imprenditrice turistica , questa avrebbe parlato di rapporti del suo ex marito con il capomafia di Castelvetrano Francesco Messina Denaro considerato il latitante più pericoloso d’Italia e condannato per le stragi del ‘93, della promessa di un pulmino per l’assistenza ai disabili mai mantenuta da Silvio Berlusconi, e del matrimonio di Filippo Guttadauro, il numero 121 dei pizzini di Provengano. Episodio da cui sono scaturite le ire dell’ex governatore della Sicilia, Cuffaro. “Al matrimonio c’erano Cuffaro, Dell’Utri e Mannino, avrebbe detto la signora Aula, che è tornata a citare Cuffaro presente alle seconde nozze di D’Alì ed al matrimonio del boss di Brancaccio. Secondo le dichiarazioni riportate dal Il Fatto, per la signora Aula, , Guttadauro “si interessava alle sorti politiche di Cuffaro”. Da qui la querela del senatore Cuffaro che ha sottolineato sì di essere stato presente  alle seconde nozze di D’Alì, ma che all’epoca del matrimonio di Guttadauro (1978) era solo uno studente universitario . L’intervista è stata smentita dalla signora Aula che in una nota parla di una trappola "Leggo con stupore l'articolo di Sandra Amurri e quelli di contorno che traggono spunto da una conversazione da me avuta con la stessa, con la cordialità che mi è propria e durante l'esercizio della mia attività di impresa (B&B), risultata poi alla luce dei fatti proditoriamente procurata, deformata, infarcita e strumentalizzata per far credere al lettore nell'esistenza di un contesto di presunti rapporti tra il Sen d'Alì, mio ex-marito, ed il mondo della mafia che si pretenderebbero dall'autrice come solo oggi resi noti per mio tramite. Nello smentire categoricamente, alla luce della mia lunga convivenza con il Sen. D'Alì, che retaggi di tali antiche presenze rurali, peraltro già ampiamente note, abbiano potuto in alcun modo avere riflessi sulla sua attività sociale e politica, e sui nostri rapporti successivi alla separazione ed al divorzio, mi riservo ogni possibile azione nelle competenti sedi a tutela della verità dei fatti e della mia privacy di donna e di imprenditrice così cinicamente calpestata” Per la signora Aula, quindi, “ una innocente e cordiale conversazione sarebbe stata clamorosamente stravolta e strumentalizzata. Io avevo indicato la precisa volontà che non si facesse né uso pubblico della citata conversazione né tantomeno che venissero riferiti come veritieri dei fatti poi riportati nell’articolo”. La giornalista Sandra Amurri, però, conferma “Comprendo il suo stato d’animo – replica la giornalista –, e per questo le sono vicina, seppure non condivida le ragioni che la portano a confondere una conversazione con un’intervista svoltasi attraverso diversi incontri e non solo nella sua azienda, corredata da documenti che mi ha fornito. Oltre ad altre prove di quanto da me scritto che se costretta non farò fatica a produrre nelle sedi competenti. Ripeto, , continua la Amurri, si può, cambiare idea, o essere costretti a farlo, questo dipende dal livello di autonomia e libertà individuale, ma non si può rinnegare ciò che si è detto e fatto accusando me di “cinismo”, “mancanza di deontologia professionale” e il mio giornale di “acrimonia” al “fine politico” visto che la correttezza e il rispetto sono stati totali come attesta la premessa all’articolo pubblicato e la delicatezza con cui la mia penna l’ha ritratta. Quelle che lei definisce, solo oggi, ”sbiadite tessere” sono fatti, fatti gravi, di cui un Senatore della Repubblica Italiana dovrebbe sentire il dovere di spiegare a quel popolo, tutto, che lo stipendia. Perché, come ripete spesso il Presidente della Camera Fini: “Nei rapporti con i mafiosi il politico deve essere, come la moglie di Cesare, al di sopra di ogni sospetto”.

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