La Cassazione annulla assoluzione a giornalista accusato di aver diffamato boss mafioso
Annullata dalla Corte di Cassazione la sentenza di assoluzione dall'accusa di diffamazione a mezzo stampa che il Tribunale di Trapani aveva pronunciat...
Annullata dalla Corte di Cassazione la sentenza di assoluzione dall'accusa di diffamazione a mezzo stampa che il Tribunale di Trapani aveva pronunciato nei confronti del giornalista Rino Giacalone, In un suo articolo apparso sul web aveva definito un defunto boss della mafia trapanese come "gran bel pezzo di merda". Stamane i giudici della quinta sezione hanno rinviato gli atti alla Corte d'Appello di Palermo nonostante il procuratore generale, durante la requisitoria, avesse chiesto "l'inammissibilità del ricorso" alla quale si era associato il team di legali del giornalista (composto dagli avvocati Enza Rando, Giulio Vasaturo, Carmelo Miceli e Domenico Grassa). Il procedimento era scaturito dalle denuncia della vedova del boss, capomafia di Mazara del Vallo, deceduto per cause naturali nel 2013. In quell'occasione il questore di Trapani aveva vietato i funerali pubblici e anche il vescovo di Mazara del Vallo aveva rifiutato i funerali religiosi. Dopo la sentenza di assoluzione emessa il 7 giugno dello scorso anno, il pm della Procura di Trapani, Franco Belvisi, aveva presentato un ricorso immediato - cosiddetto "per saltum" - alla Corte di Cassazione. I giudici, rilevando un "vizio di diritto" hanno annullato la sentenza. «Aspettiamo serenamente le motivazioni della sentenza – dicono i legali del giornalista - e siamo certi di poter dimostrare in Corte d'appello l'assoluta irrilevanza penale dello scritto di Giacalone. L'espressione non integra il reato di diffamazione ma va interpretata come un richiamo alla frase pronunciata da Peppino Impastato. E' una sineddoche utilizzata con intento "non denigratorio", con l'attribuzione della valenza pedagogica, come ha detto il giudice di primo grado».
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