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La legalità insegnata con i fatti

01 Aprile 2014 17:01, di Ornella Fulco
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Vivono in case-famiglia e comunità a Trieste, Milano, Napoli, Potenza, Palermo e Trapani. Sono ragazzi che hanno un "debito" con la giustizia e la soc...

Vivono in case-famiglia e comunità a Trieste, Milano, Napoli, Potenza, Palermo e Trapani. Sono ragazzi che hanno un "debito" con la giustizia e la società e lo stanno pagando. Non dietro le sbarre ma impegnandosi concretamente nella costruzione del loro futuro, un progetto che passa attraverso la presa di coscienza dell'errore commesso e l'impegno a favore degli altri. Collaborano nelle mense per i poveri, prestano assistenza ad anziani e disabili, studiano qualcosa che li appassiona e progettano una vita "normale", una famiglia, anche dei figli. Ragazzi che hanno commesso reati a quindici, sedici anni e che sono seguiti dall'USSM del Dipartimento di Giustizia minorile. Quando un minorenne entra nel circuito penale, l'Ufficio di servizio sociale lo accompagna in tutto il suo percorso svolgendo attività di sostegno e controllo nella fase di attuazione delle misure cautelari alternative e sostitutive previste dalla legge per i minori, in accordo con gli altri servizi minorili della Giustizia e degli Enti locali. A questi ragazzi viene fornita un'alternativa. Sta a ciascuno, poi, saperla riconoscere e praticare. Alcuni di loro, stamane, sono stati protagonisti, insieme agli allievi delle scuole superiori di Erice, dell'incontro-dibattito "Memoria è impegno... Ogni terra un suo dolore" - moderato dal giornalista Rino Giacalone - inserito tra le iniziative di "Non ti scordar di me", la celebrazione istituita dall'amministrazione comunale della Vetta in ricordo delle vittime della strage di Pizzolungo. I ragazzi, infatti, insieme all'associazione Libera, sono impegnati in un progetto di educazione alla legalità e alla cittadinanza attiva "sul campo". Hanno incontrato, nei mesi scorsi, testimoni in grado di raccontare la storia di una vittima di mafia del proprio territorio - quindi familiari delle vittime, magistrati, esponenti delle Forze dell'Ordine e dell'antimafia - per conoscere e ricostruirne la storia e da questa esperienza è nata una serie di "corti" che sono stati proiettati stamane all'auditorium Santa Chiara a palazzo del Seminario vescovile. Uno del filmati era dedicato al trapanese Nino Via, il giovane commesso ucciso durante una rapina per aver voluto difendere un collega. I genitori, Liberale Via e Maria Gambina, e le sorelle, Stefania e Tiziana, erano presenti in sala e, dopo la proiezione, hanno voluto abbracciare i giovani autori. Un modo non retorico per fare legalità e gettare i semi del necessario cambiamento che ha molto emozionato la platea presente, come ha rimarcato, in chiusura, anche il pm del Tribunale di Trapani Andrea Tarondo: "Quando vediamo quale era la vita delle vittime e il modo barbaro in cui è stata stroncata, quando vediamo il male fatto ai bambini capiamo che non ci sono più dubbi su qual è il lato giusto e il lato sbagliato della barricata. E' da lì che dobbiamo partire, dalla necessità di costruire una società in cui questo non debba accadere, una società in cui chi è mafioso venga emarginato". "Questo sistema - ha proseguito Tarondo - non è ancora sconfitto, è ancora in piedi. Il problema vero della lotta per la legalità è che abbiamo un sistema criminale che si infiltra nel sistema di gestione del potere, che sia di tipo politico o economico. Ecco come poi viene fuori la logica della trattativa, dei compromessi, degli accordi. Ma con la mafia non bisogna trovare nessun accordo perchè il risultato è quello che i ragazzi, con i video, ci hanno raccontato". Nel filmato le testimonianze di alcuni ragazzi che hanno accettato di condividere la loro storia. Un grazie va alla biblioteca diocesana "G.B. Amico" per aver concesso, a me e al collega Macaluso, l'utilizzo della sala lettura per realizzare le interviste.

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