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La "pasta cu' l'agghia" piatto principe trapanese

10 Aprile 2022 10:33, di
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Paolo Salerno dedica un volumetto alla pietanza che evoca un territorio

Un piatto povero ma altero,   

fiero di sé, consapevole del ruolo nobile e di primo piano che oggi ha conquistato sulla tavola non solo della sua terra d'origine, la provincia trapanese,  ma su tutto il territorio nazionale.
Si tratta della “pasta cu l'agghia”  o “pesto trapanese” così come oggi viene definito in maniera più aulica.

Ma  la sostanza non cambia,
è un piatto forte, sapido, che è riuscito a conquistare i buongustai ed è a questo piatto che Paolo Salerno, esperto  di comunicazione e marketing, organizzatore  di eventi enogastronomici da più di quarant'anni e ideatore del “Nuara Cook Sicily”,  ha dedicato un libro.  
Tante pagine, 71, che sicuramente rappresenta un record per una proposta letteraria,  perché di questo si tratta, di un piatto che ha alla sua base pochi e semplici ingredienti.
Un piatto che, secondo Paolo Salerno, ma non solo, è il piatto che più di tutti,  insieme al cuscusu, rappresenta  la cucina trapanese, la cucina di questo estremo lembo della Sicilia occidentale.

Un volumetto da gustare
con gli occhi per le belle e colorate foto proposte, e che si fa leggere con leggerezza, passando dalla storia del piatto agli attrezzi da utilizzare ( mortaio e pestello) , dalla materia prima (Aglio di Nubia, Sale di Trapani, Pizzutello di Paceco, Olio Evo delle Valli Trapanesi, Mandorlo siciliano, Pepe nero, Basilico fresco) alla sua preparazione cui ci si approccia con rito quasi ieratico.Poi, la scelta della  pasta fresca ( su tutti le busiate, di cui si rende nota la preparazione), ma in mancanza anche la pasta secca (dalla Iolanda agli Spaghettoni) o al vino ( due bianchi, il Grillo, vitigno locale e lo Chardonnay, due neri, il Nero d’Avola o il Syrah)  da abbinare.
Così come da abbinare sono le melanzane, le patate o i pesci fritti, o, a gusto, una spolverata, appena accennata per non sovrastarne il sapore,  di pecorino (mai come ingrediente aggiunto al pesto).

Non manca la citazione storica
che richiama il piatto, quella di Archestrato di Gela, poeta, viaggiatore della seconda metà del IV secolo a.C. . Citazione che tronca le pretese liguri (e genovesi in particolare) con cui si vanta una sorta di copyright sul termine “pesto”, peraltro utilizzato solo per una sorta di esplicitazione ai profani dell’anzidiletto siciliano, del piatto che rimane nella sua intrinseca realtà “pasta cu l’agghia”. Curiosa, infine, la spiegazione sul significato di “ammogghiu”, su cui Salerno disquisisce tenendo conto della differente vulgata tra provincia di Trapani, Palermo e Catania.

Un volumetto di 71 pagine
che si legge tutto d’un fiato e che ti porta, alla fine a compiere passi veloci verso la cucina dove dare immediata esecuzione alla preparazione del “pesto trapanese” o “pasta cu l’agghia”, piatto da condividere con gli amici o, perché, no, gustare in religiosa solitudine.

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