Laura Bonafede condannata a 11 anni e 4 mesi
La procura aveva chiesto per la donna 15 anni
Palermo - Undici anni e 4 mesi di carcere per Laura Bonafede. È la pena alla quale è stata condannata la maestra di Campobello di Mazara, ritenuta sentimentalmente legata al boss Matteo Messina Denaro e accusata in un primo momento di favoreggiamento, poi modificato in quello di associazione mafiosa. La sentenza è stata emessa al termine del processo, che si celebrava in abbreviato dal gup del tribunale di Palermo Paolo Magro dopo alcune ore di camera di consiglio. La donna era presente in videoconferenza nella saletta del carcere di Messina. La Procura aveva chiesto per lei 15 anni di carcere per mafia. La maestra è considerata un tassello fondamentale dello scacchiere che ha consentito al defunto boss di restare latitante per 30 anni, e continuare a gestire affari e potere, ma viene ritenuta anche depositaria dei segreti del capomafia.
Il gup di Palermo che ha condannato a 11 anni e quattro mesi per associazione mafiosa la
maestra Laura Bonafede, ha anche dichiarato l'imputata interdetta dai pubblici uffici. Il giudice ha inoltre applicato alla donna la misura di sicurezza personale della libertà vigilata per tre anni, una volta scontata la pena. Infine la maestra è stata condannata a risarcire le parti civili. Al Comune di Castelvetrano e a quello di Campobello di Mazara sono stati riconosciuti 25.000 euro ciascuno di
risarcimento del danno, 10.000 euro dovranno essere pagati dall’imputata al ministero dell’istruzione e alla presidenza della Regione. Bonafede è stata infine condannata a risarcire con 3.000 euro ciascuno il centro studi Pio La Torre, l'associazione antimafia Caponnetto, l’associazione antiracket diTrapani e l’associazione Codici Sicilia.
«Io sono nata in una famiglia purtroppo mafiosa e ho vissuto fin da bambina con questo clima"
e «mio padre (il boss Leonardo Bonafede ndr) parlava anche a casa dei suoi impegni» quindi «sono cresciuta cosi, abbiamo frequentato anche persone dello stesso ambiente», ma «noi figli,
e nemmeno mia madre, abbiamo mai fatto parte di questa vita nonostante la vivessimo» e «non abbiamo mai parte di nessuna associazione mafiosa, anche perché le donne, bambine e adulte,
erano tenute un pochettino lontane da certe situazioni e da certi contesti». Lo ha detto nel corso di lunghe dichiarazioni spontanee davanti al gup Laura Bonafede. L’imputata ha anche raccontato di aver conosciuto Messina Denaro da bambina tramite il padre e di averlo avuto vicino nei momenti difficili della sua vita come dopo l’arresto del padre e del marito. Lei e il boss, ha ricostruita Bonafede, si sarebbero incontrati negli anni costantemente, ma non avrebbero mai vissuto insieme. «Nel gennaio del 2008, mentre io mi trovavo nella cartoleria Giorgi a Campobello - ha affermato - ho incontrato, per meglio dire Matteo Messina Denaro si è fatto riconoscere: io stavo
salendo sulla mia auto e lui era sulla sua, mi ha fatto cenno di seguirlo e io l’ho fatto: l’ho seguito, poi siamo andati in un posto che era una strada un poco più isolata quindi mi ha fatto cenno di scendere e sono salita sulla mia macchina, a quel punto li ci siamo.... abbiamo parlato, era tanto tempo che non ci vedevamo, mi ha raccontato di sua figlia, insomma che aveva avuto una bambina, tante cose di famiglia, ci siamo dati appuntamento per febbraio». «Lì sempre stessa modalità , ci siamo dati un orario - ha aggiunto l’imputata - poi ho lasciato la mia auto e sono salita sulla sua, non in maniera, come dire, all’aperto, perché ho adottato dei sistemi..., per tutelarmi un
pochettino da quelle che erano tutte le mie conoscenze, perché Campobello essendo un paese piccolo mi conoscevano tutti e io mi trovavo in una posizione anche particolare, una donna sposata, una donna sola, e così mi sono nascosta. A quel punto siamo arrivati in una casa, lui ha entrato la macchina, ha chiuso il portone e li ci siamo incontrati, sono state circa un paio di
ore assieme a lui». «Sono stata bene, abbiamo parlato, mi sono sentita anche un poco rassicurata, tipo mi sono sentita come appoggiata», ha ammesso.
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