Mafia, confiscati beni per 21 milioni di euro agli imprenditori Morici [VIDEO]
Il patrimonio era già stato oggetto di sequestro preventivo
Beni immobili (52 appartamenti, 9 villini, 11 magazzini, 8 terreni; 19 garage), auto, conti correnti e società , già oggetto di sequestro anticipato, per un valore stimato di circa 21 milioni di euro, sono stati confiscati a Francesco e Vincenzo Morici. I due sono ritenuti essere stati “imprenditore collusi” con esponenti delle “famiglie mafiose” della provincia di Trapani, attivi nel settore dei lavori appaltati da enti pubblici in Sicilia.
Il decreto emesso dalla Sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani è stato eseguito dagli uomini della Divisione Anticrimine della Questura di Trapani e dai militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Trapani nell’ambito del procedimento di prevenzione attivato su proposta del questore di Trapani.
La proposta di applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza nei confronti di Francesco Morici non è stata comminata perché nel frattempo deceduto mentre quella nei confronti del figlio Vincenzo, da tempo residente a Gibuti, è stata rigettata: il Tribunale ha ritenuto che non sia, in atto, socialmente pericoloso.
Il provvedimento di confisca dei beni è stato emesso a conclusione di analisi condotte dalla Divisione Anticrimine su pregresse acquisizioni degli organi di polizia giudiziaria e all’esito di indagini societarie e patrimoniali, ai sensi dell’art. 19 del decreto legislativo n. 159 del 2011, svolte congiuntamente dalla Divisione Anticrimine e dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Trapani.
Le indagini hanno evidenziato l’appartenenza dei due Morici ad un gruppo di imprenditori che Cosa nostra ha utilizzato, su mandato del boss latitante Matteo Messina Denaro, per esercitare, per oltre un decennio, per il condizionamento nelle fasi di aggiudicazione di appalti, nell’esecuzione delle opere e nelle forniture.
In particolare, il vertice mafioso, gestiva tramite i due e altri imprenditori contigui, i meccanismi di controllo illecito sull’aggiudicazione dei lavori pubblici e sulla esecuzione dei lavori, prevedendo che l’impresa aggiudicataria versasse una percentuale ai funzionari pubblici corrotti e al clan mafioso di Trapani.
Secondo gli inquirenti il gruppo imprenditoriale, prima sequestrato e oggi confiscato, è espressione della strategia di Cosa nostra di aggressione al sistema degli appalti, secondo le direttive di Messina Denaro: lo scopo dei Morici è stato, in ultima analisi, il perseguimento di una strategia di fagocitazione occulta degli appalti, di infiltrazione in interi settori produttivi e del sistema politico e amministrativo del territorio trapanese.
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