Mafia ed eolico: condannato a 9 anni l'imprenditore Vito Nicastri
L'accusa aveva chiesto 12 anni di reclusione. Avrebbe finanziato la latitanza del boss Matteo Messina Denaro
Il Gup di Palermo Filippo lo Presti, ha condannato a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa il "re dell’eolico", l'imprenditore di Alcamo Vito Nicastri, considerato vicino al superlatitante Matteo Messina Denaro. Il processo si è svolto con il rito abbreviato. Nel corso della requisitoria, il Pm Paolo Guido, aveva chiesto per l'impreditore, una condanna a 12 anni di reclusione.Â
Per l’accusa, Vito Nicastri, avrebbe finanziato la latitanza del boss mafioso di Castelvetrano, Matteo Messina Denaro. Era stato il pentito Lorenzo Cimarosa ad accusare Nicastri. Cimarosa, (deceduto di recente), aveva accusato il “re dell’eolico” di essere tra i finanziatori della latitanza della primula rossa di Castelvetrano. Lo stesso aveva raccontato ai magistrati di una borsa “piena di soldi” che Nicastri avrebbe fatto avere al capomafia latitante attraverso un altro uomo d’onore, Michele Gucciardi. “Mi ha detto che praticamente erano i soldi dell’impianto di Alcamo, e che c’erano stati problemi perché aveva tutte cose sequestrate e i soldi tutti insieme non glieli poteva dare, perciò glieli avrebbe dati in tante tranches”, diceva il pentito. A consegnare quei soldi a Messina Denaro sarebbe stato Francesco Guttadauro, parente del padrino di Castelvetrano.
Nel processo per concorso esterno in associazione mafiosa, erano imputati anche il fratello di Nicastri, Roberto, condannato a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa, Leone Melchiorre, condannato a 9 anni e 4 mesi per associazione mafiosa, Girolamo Scandariato, che ha avuto sei anni e otto mesi per favoreggiamento ed estorsione. Assolti Giuseppe Belletti, accusato di associazione mafiosa, e i fratelli Tommaso, Virgilio e Antonio Asaro che rispondevano di favoreggiamento. Il processo è stato istruito dal Procuratore aggiunto Paolo Guido e dal Pm Gianluca De Leo.
Il nome di Nicastri è emerso nei mesi scorsi anche nell'ambito di una inchiesta che ha coinvolto il suo socio, il faccendiere ex consulente della Lega, Francesco Paolo Arata, indagato per corruzione. L'indagine, coordinata dalla Dda di Palermo ed effettuata dalla DIA di Trapani, ha svelato un giro di mazzette alla Regione siciliana finalizzate ad agevolazioni nelle pratiche relative agli investimenti nelle energie rinnovabili. Nell'ambito dell'inchiesta è emersa anche una presunta tangente che Arata avrebbe pagato all'ex sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri per la presentazione di un emendamento favorevole alle imprese che si occupano di energie alternative. Questo troncone dell'indagine è stato trasmesso a Roma.
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