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Trapani | Cronaca

Morte Lorenz Renda, la Corte d'Assise condanna la madre

13 Giugno 2017 20:32, di Ornella Fulco
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Aminta Altamirano Guerrero ha ucciso il figlio Lorenz Renda. Lo ha deciso la Corte d'Assise di Trapani, presieduta da Angelo Pellino - giudice a later...

Aminta Altamirano Guerrero ha ucciso il figlio Lorenz Renda. Lo ha deciso la Corte d'Assise di Trapani, presieduta da Angelo Pellino - giudice a latere Samuele Corso - al termine di un processo durato oltre due anni. La sentenza è stata pronunciata stasera alle 20.22. La 35enne messicana, che all'epoca dei fatti viveva ad Alcamo, città natale del compagno - il pizzaiolo Enzo Renda oggi presente in aula - è stata condannata a 24 anni di reclusione ma si trovava già in carcere dall'indomani della morte del figlioletto. Il piccolo Lorenz Renda, che all'epoca aveva 5 anni, venne trovato morto, dalla stessa madre, nella loro abitazione di via Amendola, la mattina del 13 luglio 2014. L'autopsia eseguita dal professore Paolo Procaccianti di Palermo chiarì che il bambino era morto in seguito all'assunzione di una overdose di amitriptilina, una sostanza contenuta nel Laroxyl, il farmaco antidepressivo che Aminta Altamirano Guerrero assumeva, insieme al Depakin, su prescrizione medica. La donna, soffriva, infatti, per essere stata lasciata dal compagno, che si era anche trasferito a lavorare in Germania, e per la difficile condizione economica in cui era costretta a vivere. Una situazione alla quale, per quanto possibile, alcuni cittadini alcamesi che erano diventati suoi amici, cercavano di ovviare facendole la spesa o dandole piccoli aiuti economici. Decidendo per la condanna la Corte ha accolto la tesi della Procura, rappresentata dal pm Antonio Sgarrella, e non quella della difesa, rappresentata dagli avvocati Baldassare Lauria e Caterina Gruppuso, e della stessa imputata, secondo cui sarebbe stato lo stesso Lorenz ad ingerire il farmaco mentre la madre dormiva. Le perizie genetiche ordinate dalla Corte, avevano evidenziato, nelle ultime udienze, che sia all'esterno del flacone in vetro, trovato vuoto nel contenitore dell'immondizia dalla Polizia, sia all'interno del collo della boccetta erano presenti tracce di dna riconducibili al bambino. Il sostituto procuratore Sgarrella aveva, invece, sostenuto la tesi della volontarietà dell'omicidio, sulla base di alcuni testi scritti dall'imputata in cui si davano disposizioni post mortem per sè e per il figlioletto, e aveva chiesto ai giudici di applicare il massimo della pena, cioè l'ergastolo. Stessa richiesta era stata avanzata dall'avvocato di parte civile, Pietro Maria Vitiello, che aveva anche depositato una istanza di risarcimento danni in favore del padre del bambino e dei nonni. In questo senso la Corte ha stabilito che l'imputata risarcisca con 50mila euro il padre del bambino e con 20mila euro  a testa i nonni, disponendo nei confronti di Aminta Altamirano Guerrero anche l'interdizione perpetua dai pubblici uffici e l'obbligo del pagamento delle spese processuali alle parti civili. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro 90 giorni.

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