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Trapani | Cronaca

Omicidio Mirarchi, ecco perchè Nicolò Girgenti resta in carcere

16 Febbraio 2017 19:37, di Ornella Fulco
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Raggiunto lo scorso 14 febbraio da una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere per produzione e traffico di sostanze stupefacenti, il 46enne ...

Raggiunto lo scorso 14 febbraio da una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere per produzione e traffico di sostanze stupefacenti, il 46enne vivaista Nicolò Girgenti, accusato di avere ucciso il maresciallo dei Carabinieri Silvio Mirarchi, ha visto respingere, nei giorni scorsi, l'istanza di scarcerazione presentata dal suo legale secondo cui vi sarebbero diverse incongruenze nelle prove a carico del suo assistito. L'uomo si trova detenuto, dallo scorso 22 giugno, presso la Casa circondariale di Trapani. Secondo la difesa è importante che sui mozziconi di sigaretta, di due diverse marche, trovati all'interno della serra dove veniva coltivata canapa indiana e nelle cui vicinanze venne ucciso il militare dell'Arma, non è stato trovato il dna di Girgenti e che gli indumenti rinvenuti nel gabbiotto di guardiania della serra e sottoposti ad analisi non sarebbero della taglia dell'uomo. Un'altra delle prove a sostegno dell'accusa, quella relativa alla presenza dell'auto di Girgenti nella zona in cui avvenne il delitto viene contestata dalla difesa secondo cui l'uomo non avrebbe avuto motivo di utilizzarla per giungere sul luogo dato che abitava nelle vicinanze e poteva recarvisi a piedi. Sempre secondo la difesa l'Audi dell'accusato, in quei giorni, si trovava dal carrozziere e, inoltre, non sarebbe stata indiscutibilmente identificata dalle immagini riprese dalle telecamere collocate nei pressi del luogo del delitto. Anche i dati forniti dalla cosiddetta "scatola nera" sull'utilizzo del mezzo presenterebbero margini d'errore. La difesa ha contestato anche i risultati degli esami sugli indumenti di Girgenti che hanno evidenziato tracce di polvere da sparo affermando che questi sarebbero andati incontro a contaminazioni avvenute dopo il loro sequestro nell'abitazione dell'uomo. Il gip Annalisa Amato ha confutato le osservazioni della difesa definendo “irrilevanti” quelle riguardanti la mancanza del dna dell'indagato sui mozziconi di sigaretta. Nella serra, infatti, ne è stato trovato un altro, questa volta della marca usata da Girgenti il quale, durante l'interrogatorio, ha ammesso che sarebbe stato possibile trovarne qualcuno dato che aveva frequentato quella serra per 12 anni. In ogni caso per il giudice la presenza del mozzicone non è l'elemento decisivo per sostenere la responsabilità dell'uomo nell'omicidio ma serve "solo" per provare che l'indagato aveva una “cointeressenza nella gestione della coltivazione”. Anche la contestazione che l'auto era in riparazione viene "smontata" dal gip che sottolinea come dalla fattura e dalle dichiarazioni del carrozziere si evinca che il mezzo si trovava nell'officina fino al 19 maggio e l'omicidio è avvenuto il 31 maggio. Esiste, inoltre, una testimonianza che attesta la presenza della vettura di Girgenti nelle vicinanze della serra una settimana prima del delitto. Per il gip la sera dell'omicidio Girgenti si era recato nella serra con l'auto per rubare le piante di cannabis che vi erano coltivate e, quindi, pur abitando nelle vicinanze, aveva bisogno del mezzo su cui caricarle. Quanto agli spostamenti della vettura, se per la difesa le immagini riprese dai sistemi di video sorveglianza non sono conclusive perché non si evince chiaramente il numero di targa, per il gip sono utili perché riescono, comunque, a definire il modello e il colore dell'auto, uguali a quella di Girgenti. A ciò si aggiungono i dati della scatola nera che, seppure non sono in grado di fornire esattamente la posizione dell'auto ma solo il territorio comunale in cui si trova, indicano se la vettura fosse in moto o spenta. E quel giorno vengono tracciati sia il tragitto, peraltro riferito dallo stesso Girgenti, da Marsala a Petrosino e poi a Mazara e rientro a casa, avvenuto nel pomeriggio, sia l'accensione dell'auto poco prima e poco dopo l'ora in cui è avvenuto l'omicidio. Anche i dati desunti dai tabulati del telefono cellulare di Nicolò Girgenti mostrano che la SIM della sua utenza si è agganciata al ripetitore che copre l'area dove è avvenuto il delitto nei minuti in cui è stato commesso. Girgenti aveva prima negato di essersi mosso da casa e poi ammesso di essere uscito solo dopo la sparatoria per andare a vedere cos'era successo citato due persone come testimoni oculari ma i due hanno smentito la sua versione dei fatti. Anche la tesi della difesa circa la contaminazione degli indumenti di Girgenti, sui quali gli uomini del Ris di Messina hanno trovato traccia di polvere da sparo, viene "smontata" dal gip che la definisce un'ipotesi “suggestiva e priva di fondamento” e sottolinea che i vestiti erano stati prelevati da casa dell'indagato la sera stessa dei fatti e, con la stessa cesta dove erano riposti, erano stati collocati nel portabagagli dell'auto di servizio della polizia giudiziaria “dove non vengono poste armi che possano aver contaminato gli stessi” e poi “prelevati dai Ris con le dovute cautele”. Inoltre, aggiunge il gip “nessuna analisi per la identificazione di particelle residue di colpi di arma da fuoco condotta mediante le metodologie internazionalmente riconosciute come efficaci può portare a confondere residui dello sparo con particelle contenute in concimi, fertilizzanti di varia natura e prodotti affini”. Secondo la difesa una sola particella di polvere da sparo non è sufficiente per accusare Nicolò Girgenti di omicidio e confermare la custodia cautelare in carcere ma il gip, nel ricordare che lui stesso aveva dichiarato di aver fatto una doccia prima che gli investigatori lo raggiungessero nella sua abitazione, ribadisce che a suo carico restano validi i gravi indizi riscontrati dall'accusa e, dato che l'arma del delitto non è stata rinvenuta, che sussistono sia il pericolo di reiterazione di reati sia quello di fuga. Nel corso delle intercettazioni precedenti l'arresto, infatti, Girgenti faceva intendere ai suoi interlocutori di essere in procinto di partire perchè temeva l'arrivo dei Carabinieri.

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