Operazione Diadema. Nigeriane “schiave del pulito”: 5 ai domiciliari
Le indagini sono state avviate per accertare sospetti casi di sfruttamento lavorativo nei confronti di alcune migranti
C’è anche la moglie di un maresciallo dei Carabinieri tra gli arrestati all’alba di questa mattina, nell’operazione Diadema, in cui sono coinvolte 5 persone. Si tratta di Monica Torregrossa, moglie del maresciallo Fabio Caravello, in servizio ad Alcamo.
Oltre a Monica Torregrossa, agli arresti domiciliari sono finiti anche Francesco Centino, Luca Fortunato Cardella, Adeteye Kayode, Lamia Tebourbi.
Migranti nigeriane trasformate da “persona” a “macchina di lavoro”, con turni massacranti, superando regolarmente le 10/12 ore consecutive, per una paga, quando retribuita, pari a 400 euro mensili.
E' quanto è stato scoperto dagli investigatori della Squadra Mobile di Palermo che su delega della Procura della Repubblica, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal GIP di Palermo, a carico di 5 indagati, destinatari degli arresti domiciliari, ritenuti gravemente indiziati, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata all’intermediazione illecita ed allo sfruttamento lavorativo, nonché truffa ed estorsione, con l’aggravante di aver commesso il fatto ai danni dello Stato e con l’abuso di relazioni di prestazioni d’opera.
Le indagini sono state avviate al fine di accertare alcuni casi sospetti di sfruttamento lavorativo posto nei confronti di alcune immigrate nigeriane ospitate in diversi centri di accoglienza.
I reati
Tutti ritenuti gravemente indiziati, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata all’intermediazione illecita ed allo sfruttamento lavorativo, nonché truffa ed estorsione, con l’aggravante di aver commesso il fatto ai danni dello Stato e con l’abuso di relazioni di prestazioni d’opera.
Operazione “Diadema”
Nel corso degli approfondimenti investigativi, svolti dalla Squadra Mobile con il coordinamento della Procura della Repubblica di Palermo, sarebbe emerso che, tramite società operanti nel settore dei servizi di pulizia, riconducibili ad un’unica struttura consortile denominata “Diadema“, le lavoratrici immigrate sarebbero state individuate all’interno dei citati Centri di Accoglienza e destinate a svolgere mansioni di governanti ed addette alle pulizie presso alcuni esercizi ricettivi di Palermo e di Castelvetrano.
Tali accertamenti sarebbero stati suffragati dalle lettere di assunzione e dai contratti di lavoro acquisiti dagli investigatori dove sarebbe emerso che gli orari di lavoro dichiarato erano nettamente inferiori a quelli effettivamente svolti.
Nel corso delle indagini sarebbe emerso che i componenti apicali della struttura associativa, riconducibile al consorzio denominato Diadema, attraverso la stipula di fittizi contratti di lavoro part-time o con l’assunzione “in nero” dei lavoratori stranieri si sarebbero procurati anche un ingiusto profitto, cagionando un danno all’INPS, consistente nel mancato versamento dei contributi previdenziali spettanti ai lavoratori.
Nel medesimo contesto sarebbero state rilevate anche delle condotte di natura estorsiva in quanto alcuni dei destinatari del provvedimento restrittivo, in caso di denuncia, avrebbero minacciato i lavoratori sfruttati, prospettando loro di essere licenziati o di perdere l’ospitalità nella struttura di accoglienza, nonché l’ottenimento dello status di rifugiato.
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