Operazione "Strade sicure", prosegue l'impegno dell'Esercito nei centri per immigrati
Proseguirà ancora per tutto l'anno in corso l'attività dell'Esercito e delle altre Forze armate nell'ambito dell'operazione "Strade sicure". A Trapani...
Proseguirà ancora per tutto l'anno in corso l'attività dell'Esercito e delle altre Forze armate nell'ambito dell'operazione "Strade sicure". A Trapani, a supporto delle Forze dell'ordine, sono stati impegnati in tale compito anche i militari del Sesto Reggimento Bersaglieri di stanza alla caserma "Giannettino", recentemente avvicendati dal 46° Reggimento Trasmissioni di Palermo presso il Cie di Milo e il Cara di Salinagrande. "Il nostro compito è quello di collaborare con gli organi di polizia nelle attività di controllo e sorveglianza del territorio e, in questo caso, siamo qui per garantire l'ordine pubblico del centro di accoglienza", sottolinea il colonnello Angelo Vesto, responsabile per la comunicazione della Brigata "Aosta", che abbiamo incontrato stamani al Cara di Salinagrande in occasione di un'ispezione da parte del Comandante di piazza del sesto settore colonnello Marco Buscemi. Un compito che si affianca ad altre attività di sorveglianza e pattugliamento sul territorio siciliano che hanno lo scopo di disimpegnare personale di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza da dedicare a più pressanti compiti di istituto.  La presenza dei militari sulle strade e presso gli obiettivi sensibili siciliani nasce da lontano: nel 1992, all'indomani degli attentati nei quali furono uccisi i magistrati Falcone e Borsellino si pensò di impiegare i soldati con compiti di ordine pubblico e controllo del territorio con l'operazione denominata "Vespri Siciliani". Attualmente sono 4.250 gli uomini  e le donne impiegati in "Strade sicure": il 94 per cento proviene dall'Esercito, la restante parte da Aeronautica e Carabinieri. "Qui al Cara di Salinagrande i nostri uomini hanno compiti di presidio e supporto - continua il colonnello Vesto - nel caso in cui scoppiassero dei disordini siamo chiamati ad intervenire a fianco delle Forze di polizia. Ma, per fortuna, attualmente non ci sono di questi problemi". Diversa la situazione del Cie di Milo dove non sono infrequenti le proteste e, a volte, anche gli scontri tra immigrati, in attesa dei provvedimenti di identificazione ed espulsione dal territorio nazionale, e tutori dell'ordine. Il rapporto con gli ospiti - che nel caso del Cara sono persone che hanno dovuto lasciare i loro Paesi di origine per motivi politici - spesso è agevolato dalla capacità dei nostri militari di rapportarsi con altri popoli, capacità in parte connaturata all'indole nazionale e in parte conquistata sul campo nelle missioni all'estero. "Sono trent'anni che svolgiamo missioni fuori dal nostro Paese  - sottolinea Vesto - e siamo, quindi, ormai abituati a confrontarci con culture e usi differenti dai nostri. Noi Siciliani, in particolare, abbiamo una marcia in più, quel modo di fare che ci consente di accattivarci subito la simpatia di tutti. Siamo più umani, più predisposti al dialogo". Stamane, nel corso della visita al Cara di Salinagrande, abbiamo incontrato uomini della Polizia, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza impiegati fianco a fianco nelle attività di sorveglianza del centro nel quale, attualmente, sono ospitate quasi 270 persone. Diverse le nazioni di provenienza: Tunisia, Nigeria, Gambia, Guinea, Costa d'Avorio, Eritrea, Somalia, Etiopia, Pakistan, Afghanistan. Pochissime, al momento, le donne e quasi assenti le famiglie che - come ci ha raccontato la direttrice del centro Maria Concetta Papa - erano arrivate in maggiore quantità nel periodo della guerra in Libia. Un periodo molto difficile in cui è stato impegnativo, anche dal punto di vista umano e non solo logistico, gestire la struttura. "La rabbia che queste persone si portavano dentro per essere state costrette a lasciare il Paese, dove avevano trovato un'occupazione spostandosi da altre zone dell'Africa, era tangibile - continua Papa  - Non era facile avere un dialogo sereno con loro, provare ad aiutarli". In effetti dentro al centro di accoglienza si svolgono numerose attività e vengono erogati svariati servizi, da quello medico a quello legale e psicologico. Gli ospiti seguono percorsi di alfabetizzazione e formazione, primi passi di un processo di integrazione non sempre facile. "Noi lavoriamo sul territorio per favorire la conoscenza reciproca tra immigrati e abitanti del luogo. Organizziamo spesso attività esterne, incontri con le scuole - risponde la direttrice - e si sono davvero create tante belle occasioni di condivisione e relazione". Il centro, indubbiamente, diventa una sorta di microcosmo, di "bolla" protettiva per i migranti che - strappati alle famiglie e alla loro terra - hanno bisogno di nuovi punti di riferimento. Si spera non un inutile limbo."Facciamo il possibile per prepararli al dopo - sottolinea la direttrice Papa - a quando usciranno da qui. Devo dire che è difficile anche per noi vederli andare via. I richiedenti asilo hanno un vissuto spesso molto doloroso, è necessario avvicinarli con delicatezza, vincere la loro diffidenza. Ma una volta fatto questo i rapporti che si creano sono davvero forti ".
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