Operazione "Under Boss". Finisce in manette Salvatore Farina
La vicenda ricostruita dagli investigatori risale addirittura ad un prestito di 30 anni fa
Gli investigatori della squadra mobile di Trapani, coadiuvati dai colleghi del commissariato di Castellammare del Golfo, hanno catturato venerdì Salvatore Farina 62 anni, (figlio del boss Ambrogio ucciso a Calatafimi in contrada Kaggera negli anni '90 nel corso della guerra di mafia), tra le persone coinvolte nell'operazione internazionale denominata “Under Boss”.
Complessivamente la Polizia di Stato ha dato esecuzione all’ordine di carcerazione nei confronti di tre persone coinvolte nell’operazione di polizia giudiziaria “Under Boss”, disposti dalla Procura Generale presso la Corte di Appello di Potenza a seguito della sentenza definitiva di condanna nei confronti degli imputati 8 in tutto: lo scorso 28 ottobre, infatti, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato da alcuni di essi, condannandoli a pene che vanno dai 3 agli 8 anni di reclusione. Le tre persone nei cui confronti è stato eseguito l’ordine di carcerazione sono: Salvatore Farina, Giovanni Grillo e Nicola Pallotta.
Le indagine dell’operazione “Under Boss”, furono svolte dalla I Divisione del Servizio Centrale Operativo del Dipartimento della P.S. e dalla Squadra Mobile della Questura di Matera, con la collaborazione dell’Interpol.
L'Operazione
Il 10 dicembre 2015, otto persone furono arrestate perché ritenute responsabili del reato di estorsione, aggravata dal c.d. metodo mafioso e dalla transnazionalità , commessa ai danni di un imprenditore materano da esponenti della organizzazione mafiosa newyorkese denominata “famiglia Gambino”, che si avvalevano della collaborazione sul territorio nazionale di pregiudicati lucani, campani e siciliani.
La vicenda.
Le indagini certosine portarono alla luce la vicenda. L'imprenditore materano Lorenzo Marsilio, titolare della SudElettra Sistemi di Automazione, fu minacciato a partire dal 2012 da emissari mafiosi per un credito ottenuto negli anni '80. La richiesta era di un milione di euro a fronte di un prestito di 120 milioni di lire. Il credito era vantato dalla "famiglia Gambino", per l'esatezza dai fratelli Joe e John Gambino, da Cesare Bonventre, (capo dell'altra cosca siciliana dei Bonanno) e da Roberto Pannunzi. Un prestito questo che all'imprenditore materano arrivò grazie all’intermediazione di un pregiudicato lucano che da giovane aveva fatto parte di quella organizzazione criminale. All'imprenditore materano fu però applicato un tasso usuraio sproporzionato. La somma nel tempo fu restituita dall’imprenditore ma maggiorata rispetto al prestito iniziale. Alla famiglia Gambino però, questo non bastò.Tanto che malgrado il passare degli anni si rifece viva inviando a Matera Francesco Palmeri, che nell’ambito dell’associazione ricopriva il prestigioso ruolo di Vicecapo (“Underboss”). Nel 2014 Palmeri accompagnato da altri due emissari mafiosi americani, si presentò dall’imprenditore di Matera per esigere una somma nel frattempo salita a un milione di euro. Quel piano però fu interrotto dall’intervento della Polizia.
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