Scarcerati gli imprenditori Adamo, vale il condono
Erano stati arrestati sabato scorso dagli uomini della Squadra Mobile di Trapani dopo che la condanna per truffa e falso era diventata definitiva ma s...
Erano stati arrestati sabato scorso dagli uomini della Squadra Mobile di Trapani dopo che la condanna per truffa e falso era diventata definitiva ma sono tornati liberi i fratelli Nicolò e Giovanni Adamo, gestori di un noto locale trapanese. I due avrebbero dovuto scontare, rispettivamente, 6 e 5 di reclusione ma l'istanza del loro difensore - secondo cui il provvedimento di esecuzione era illegittimo perchè ai suoi assistiti spettavano tre anni di condono - è stata accolta dalla Procura generale di Palermo. I due erano stati arrestati nel 2009, assieme ad altre tre persone, nell’ambito dell’operazione denominata "I soliti ignoti" che aveva portato gli investigatori sulle tracce di un sodalizio dedito alle truffe nel settore del commercio. Sfruttando le provvidenze previste dalla legge Sabatini, si facevano figurare acquisti per aziende che, invece, venivano utilizzati per ottenere immediata liquidità dato che le attrezzature non esistevano o erano già in uso. Un giro che aveva fruttato, complessivamente, 2 milioni di euro. Secondo le risultanze processuali, divenute definitive, era una società di Trapani, la Ge.Fin., a predisporre, per conto di piccoli imprenditori o di ditte di modeste dimensioni, l’istruzione delle pratiche di acquisto di macchine utensili. I contratti di compravendita venivano sempre sottoscritti davanti ad uno stesso stesso notaio, attivo in provincia di Palermo. Nei documenti la società A.R. Impianti, intestata ad un prestanome, figurava sempre come parte che vendeva i macchinari, per importi gonfiati. Gli acquirenti firmavano davanti al notaio le cambiali per il pagamento rateizzato del prezzo e la A.R. Impianti, a quel punto, scontava gli effetti cambiari ottenendo dalle banche somme pari al prezzo delle attrezzature. Anello importante della truffa era un ex cancelliere del Tribunale di Palermo che attestava, falsamente, l'avvenuta apposizione dei sigilli ai macchinari rendendo in tal modo regolare la documentazione da utilizzare per riscuotere il finanziamento.
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