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Ucraina: terzo round di negoziati atteso per lunedì.

06 Marzo 2022 04:23, di Redazione
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Intanto la guerra continua.

Migliaia di civili ucraini sono rimasti intrappolati nelle città del sud assediate dai russi, a cominciare da Mariupol. I corridoni umanitari nel Paese di Zelensky sono saltati, almeno per il momento. Come accade ogni volta quando una trattativa fallisce piuttosto che quando un politico sostituisce l'altro alla guida di un paese la risposta ai problemi rimasti insoluti è sempre la stessa: " La colpa è di quello che c'era prima; sul fallimento delle trattative per giungere ad una tregua c'è stato, come in altri e diversi e meno gravi casi, il rimpallo delle responsabilità tra Kiev e Mosca, l'unico dato certo è che le forze armate di Putin hanno ripreso l'offensiva in grande stile.

Solo uno spiraglio si è aperto in mezzo alla nebbia e che a questo punto tuti quanti attendiamo con ansia: la convocazione del terzo round di negoziati per lunedì. Il decimo giorno di guerra si è aperto con l'annuncio della tregua da parte del ministero della Difesa russo  per consentire l'uscita di 200mila civili da Mariupol e 15mila da Volnovakha. Nel giro di poco tempo le speranze di un'evacuazione significativa sono state gelate.

Le autorità portuali della città di Irpin, a nord-ovest di Kiev, a causa del bombardamento dei russi hanno invitato i residenti in attesa di sfollare a rientrare nei rifugi mentre le testimonianze per le strade raccontavano di " bombe ogni cinque minuti"  e file di auto in uscita dalla città fare precitosamente marcia indietro. Lo stesso caos si è visto a Volnovakha dove le autorità hanno spiegato che solo 400 persone sono riuscite a fuggire a causa del raid. Il primo tentativo di un'uscita sicura oer i civili è fallito, ha successivamente confermato la Croce Rossa, aggiungendo che si continua a " trattare costantemente".

La speranza è che oggi possa essere il giorno buono per poter evacuare donne, bambini e anziani ha spiegato il governo di Kiev che sta mettendo a punto evacuazioni anche dalla capitale , Sumy, Kkarkiv e Kherson. I russi hanno respinto le accuse di aver fatto saltare i corridoi. Il ministro degli Esteri Lavrov ha affermato che "non si è presentato nessuno", mentre un portavoce del ministero della Difesa ha spiegato che " la popolazione di queste città è tenuta in ostaggio da formazioni nazionaliste come scudi umani ". E che il cessate il fuoco in realtà  era una scusa dei nemici per " riorganizzarsi e compattarsi". Con queste premesse Mosca ha annunciato " la ripresa delle ostilità".

L'offensiva si è allargata ad altri centri nei dintorni di Kiev, da Bila Tserkva a Bucha. E all'indomani della conquista della centrale di Zaporizhzhia, i russi hanno puntato anche l'altro impianto nucleare del Paese. L'avanzata, comprendendo tutto il Paese, non ha registrato significativi progressi. Nel sud gli ucraini hanno annunciato di aver ripreso il controllo della città portuale di Mykolayv . Centro urbano che se conquistato dagli invasori avrebbe permesso loro di avvicinarsi ad Odessa ed allungare la striscia di territorio bagnato dal Mar Nero che parte dalla Crimea al Donbass. Mentre a Kiev le truppe russe procedono con una campagna di raid lungo la periferia della capitale ma sono ancora lontane dal centro.

In questa fase per un cessate il fuoco bisogna aggrapparsi alla speranza dei negoziati tra le due parti in causa ovvero Mosca e Kiev che, nonostante tutto, non si sono ancora arenati. Dopo i primi due round di colloqui a distanza di pochi giorni ,  hanno concordato di rivedersi all'inizio della prossima settimana. Con la sponda della diplomazia internazionale, il premier israeliano Naftali Bennett è volato a sorpresa a Mosca per un colloquio con Putin, dopo il nuovo affondo dello 'Zar' sulle sanzioni occidentali , messe sullo stesso livello di una dichiarazione di guerra; Bennett ha condiviso l'esito del faccia a faccia con Macron e Scholz e da Mosca ha anche sentito Zelensky. Mentre il presidente ucraino, dal suo bunker, ha rinnovato le richieste di aiuto all'Occidente: l'attivazione di una no-fly zone e lo stop al'import del petrolio russo.

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