Una figlia: "Ecco come hanno trattato mio padre, malato terminale, all'ospedale Borsellino"
Perdere il proprio padre fa male a qualsiasi età ma, certo, fa ancora più male quando si è giovani, quando non si pensa che la morte possa passare cos...
Perdere il proprio padre fa male a qualsiasi età ma, certo, fa ancora più male quando si è giovani, quando non si pensa che la morte possa passare così vicino e portarsi via chi amiamo. Benedetto Lo Cascio, assistente capo della Polizia Penitenziaria di Trapani è scomparso, qualche giorno fa, all'età di 51 anni, strappato alla sua famiglia da un microcitoma polmonare, una di quelle "brutte bestie" contro cui, ancora, molti pazienti sono costretti ad arrendersi nonostante i progressi delle terapie. Ma non è di medicina che vogliamo parlarvi, adesso, vogliamo dare voce al dolore di una figlia e di una famiglia intera che potranno forse trovare, con il tempo, una spiegazione a ciò che hanno vissuto, ad una scomparsa prematura e feroce che segna le loro vite ma che non trovano giustificazione e senso al modo in cui - secondo quanto riferiscono - il loro caro è stato trattato presso l'ospedale "Paolo Borsellino" di Marsala. Non è nostra intenzione sparare nel mucchio, sminuire il lavoro, l'impegno, la dedizione di tanti operatori sanitari né fare di tutte le erbe un fascio ma desideriamo, dando spazio alla lettera di una figlia che ha perso il padre, invitare tutti ad una riflessione più ampia sul concetto di cura, di "prendersi cura" di qualcuno. Non ci aspettiamo che medici e infermieri stiano a piangere davanti al letto dei pazienti ma pretendiamo, come società civile, che la dignità di chi soffre e muore - e delle famiglie che sono chiamate a compiere con loro questo viaggio - sia rispettata e tutelata sempre. Valutazioni e iniziative di altro genere, se ci saranno i margini, le lasciamo agli organi competenti. "Mi chiamo Martina Lo Cascio - si legge all'inizio della lettera giunta alla nostra redazione - e desidero segnalare una gravissima situazione verificatasi all'ospedale 'Borsellino' di Marsala dove era stato ricoverato mio padre, affetto da microcitoma polmonare, scoperto nel luglio 2017. Situazione che ha portato alla morte precoce e disumana del mio genitore in una struttura sanitaria che dovrebbe accogliere e curare i pazienti ma dove, invece, non esiste neppure un reparto di Oncologia in cui poter usufruire del supporto di team specializzati". Martina ricorda che "la Carta dei diritti del Malato prevede che ogni cittadino, anche se gravemente minato dalla sua malattia, abbia diritto a trascorrere l’ultimo periodo di vita conservando la sua dignità , soffrendo il meno possibile e ricevendo attenzione e assistenza" e riferisce che il padre ha ricevuto "assistenza sanitaria pressoché nulla" e "comunicazione tra personale e malato completamente priva di correttezza e di buon senso". "Desidero specificare in dettaglio il doloroso iter a cui il mio genitore è stato sottoposto - prosegue - affinché sia chiaro cosa deve subire un malato e la sua famiglia che, oltre al dolore e all’angoscia per la diagnosi, è costretta a patire umiliazioni e sentenze non richieste". "Trasportato in ambulanza al Pronto Soccorso - ricorda Martina - il babbo vi è rimasto tutta la notte su una barella con un materasso non più spesso di 20 centimetri. Era chiaro a tutti che, non esistendo un reparto di Oncologia polmonare, avrebbe dovuto essere ricoverato al reparto di Pneumologia dove però non c’erano posti disponibili. Così è stato deciso di sistemarlo in Urologia". "Nel reparto, ovviamente non qualificato per trattare il caso - prosegue - il personale non è stato in grado per lungo tempo di trovare la vena, torturando inutilmente le braccia. I ripetuti, patetici tentativi non hanno sicuramente giovato a mio padre che, la stessa sera, ha incominciato a respirare male. E’ stato chiamato il personale infermieristico (ometto i nomi sia dell’infermiere che del medico, nomi che potrò fare in sede opportuna) che si è permesso di urlare 'tuo padre è un malato terminale, non c'è più niente da fare, io posso solo chiamare il dottore che c'è in ospedale, al reparto Medicina del quarto piano'. Forse - prosegue Martina Lo Cascio - nella struttura l’abitudine è di urlare al capezzale dei malati perché, al suo arrivo, il medico ha, a sua volta, urlato verso l'infermiere 'tu mi devi chiamare solo quando c'è bisogno' ed è risalito al suo reparto senza fare nulla". "Quando il paziente si è, ancora una volta, sentito male, si è deciso di misurare pressione, glicemia ecc. e di effettuare una aspirazione dell’escreato ma l'infermiere non è stato in grado di farlo ed io, impotente - racconta Martina - ho dovuto assistere alla disumana scena di mio padre che soffocava! La situazione è peggiorata a tal punto che, alle flebili parole del paziente - 'ho bisogno di aiuto, mi sento male' - è stato risposto, sempre con le solite urla, al paziente, ben cosciente, e ai familiari: la pressione è buona, non c'è bisogno di fare nulla e, rivolgendosi alla moglie, 'signora, suo marito è un malato terminale, non lo vuole capire?'. La frequenza cardiaca è salita repentinamente e, dopo un minuto, il paziente è spirato". Non sappiamo, al momento, se la morte di Benedetto Lo Cascio sia stata accelerata o meno dalle circostanze riferite dai familiari. Ma se, pure, è possibile morire di tumore al polmone dopo poco tempo dalla diagnosi, certo non si deve morire nelle circostanze che Martina così riassume: "circondati da incompetenti senza cuore e senza un minimo di empatia dovuta ad un malato, terminale o meno". "E’ tempo che i medici e il personale infermieristico siano preparati. E’ tempo che anche in Sicilia gli ospedali siano preparati ad accogliere e curare anche patologie più serie di una appendice perforata. E’ tempo che non si debba più correre al Nord per trovare delle strutture dove l’umanità e la competenza sono normale amministrazione. Al Nord - conclude Martina Lo Cascio - ci sarei dovuta andare con il mio papà , mancavano due settimane al consulto. Purtroppo non ci siamo arrivati. Per colpa di chi? Qualcuno si deve fare qualche domanda e molti dovrebbero dare delle risposte".
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