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Visita in Procura per Fava e Palazzotto: "Stesso clima del 1992"

12 Dicembre 2013 18:50, di Redazione
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"I territori particolarmente esposti vanno presidiati con il massimo dell'attenzione da parte delle istituzioni dello Stato. Compito della Commissione...

"I territori particolarmente esposti vanno presidiati con il massimo dell'attenzione da parte delle istituzioni dello Stato. Compito della Commissione parlamentare antimafia, oltre alla propria funzione istituzionale, è anche questo: dare segno visibile della solidarietà e della vicinanza dello Stato a coloro che, in questo momento, si trovano in particolari situazioni di rischio". Così si è espresso Claudio Fava, vice presidente della Commissione, oggi pomeriggio, nel corso dell'incontro con la stampa seguito ai colloqui avvenuti in mattinata con i magistrati della Procura della Repubblica di Trapani che, negli ultimi mesi, sono stati oggetto di una serie di atti intimidatori che nessuno vuole prendere sottogamba. "Abbiamo la sensazione di trovarci di fronte ad una nuova impennata della strategia stragista di Cosa nostra", ha detto Fava che era accompagnato dal segretario regionale di Sinistra Ecologia e Libertà, onorevole Erasmo Palazzotto. "A Trapani - ha proseguito - opera anche una massoneria atipica che costituisce una camera di compensazione in cui si saldano insieme interessi mafiosi, politici e imprenditoriali. L'esperienza della loggia massonica Iside2 non è superata". "Siamo qui per comprendere, assieme ai responsabili degli uffici giudiziari - ha detto ancora Fava - cosa abbia determinato questo cambio di passo nella strategia di Cosa nostra, quale sia la posta in gioco e quale sia livello di rischio attuale". Trapani come Palermo, dove i magistrati che si occupano di inchieste delicate ricevono minacce che, secondo l'esponente di Sel, "sono un'ulteriore dimostrazione dell'importanza del loro lavoro". "Trapani è la provincia italiana - ha proseguito Fava - con la maggiore percentuale di beni sequestrati e confiscati alla mafia, patrimoni significativi sono stati sottratti a Cosa nostra e questo ci fa anche capire la sua capacità di investire le proprie risorse in questo territorio per produrre proventi illeciti. L'attività del Tribunale di Trapani, in questo ambito, è stata di straordinaria efficacia". "Dobbiamo fare in modo, però - ha aggiunto - che questi beni sottratti all'illegalità producano ricchezza sociale e non vengano restituiti soltanto formalmente alla comunità civile. Bisogna dimostrare che fare la lotta alla mafia conviene. E' una grande e difficile battaglia che chiama in causa lo Stato, dobbiamo invertire la tendenza attuale che vede, su 1400 aziende confiscate alla mafia negli ultimi dieci anni, solo una trentina che sono state capaci di sopravvivere ".  In questo senso, secondo Fava, è necessario utilizzare un'atteggiamento più manageriale nella gestione dei beni sequestrati e confiscati. "Occorre avere più capacità di selezione sulla capacità, ma anche sull'autonomia e l'indipendenza di coloro che sono chiamati ad amministrarli. Non è il caso di Trapani ma abbiamo visto come in Calabria sia accaduto un caso straordinariamente emblematico. Un curatore giudiziale, a cui erano stati affidati diversi beni confiscati, è stato arrestato perchè rappresentava l'interfaccia della Ndrangheta nella gestione degli appalti al Comune di Reggio Calabria e la sua longa manus affaristico-manageriale". Fava pensa all'istituzione di un albo nazionale dei curatori che, in qualche modo, ne certifichi l'affidabilità e la competenza e chiede di dotare l'Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati di strumenti operativi meno burocratici  e di risorse, anche finanziarie. "Se non si è in condizione di investire sul bene o sull'azienda sottratti alla mafia, si fallisce nella sfida - bella - che abbiamo lanciato quando colpiamo i mafiosi nei loro patrimoni". Fava ha voluto commentare anche il trasferimento alla Dia di Napoli di Giuseppe Linares "che lascia una posizione sguarnita, non perchè non ci siano altri funzionari validi nell'attività di contrasto, ma perchè la lotta a Cosa nostra richiede anche di mettere a frutto la memoria storica e le esperienze personali acquisite nel tempo. C'è bisogno di stabilità nelle risorse umane impiegate e ogni territorio ha le sue particolarità che vanno studiate, messe a fuoco. Avere deciso di fare a meno dell'esperienza di un uomo come Linares è una scelta sulla quale qualche dubbio va nutrito". Una mafia, quella trapanese,  secondo Claudio Fava, capace di estendere a suo vantaggio quella "zona grigia" di connivenze e complicità che le consentono di portare avanti i suoi traffici e permettono latitanze "eccellenti". Il vice presidente della Commissione antimafia si è poi soffermato sull'interrogazione presentata, insieme a Palazzotto, sui finanziamenti erogati a Filippo Coppola dalla Bcc "Senatore Grammatico" di Paceco. "Se non ci sono strumenti di vigilanza e di controllo rapidi ed efficaci - mi riferisco non solo alla magistratura ma anche alla Banca d'Italia - gli istituti bancari rischiano di essere un altro tassello in questo cordone di collusione e impunità che ha aiutato Cosa nostra in questi anni". "La situazione trapanese - ha proseguito Fava - è preoccupante, sia per le minacce giunte ai magistrati, sia per la capacità che la mafia ha dimostrato di penetrare anche in terreni apparentemente ostili. C'è la sensazione che questo cambio di passo di Cosa nostra faccia parte di una riorganizzazione della propria strategia che torna ad invocare un uomo forte e una situazione di conflittualità alta nei confronti dello Stato. Tutto questo ci preoccupa e richiede la massima attenzione da parte dello Stato e anche dell'opinione pubblica. I magistrati che abbiamo incontrato a Palermo e a Trapani sono molto lucidi e determinati ma la lotta alla mafia non deve camminare solo sulle loro spalle". Fava ha anticipato che la Commissione antimafia tornerà a Trapani e a Palermo nel mese di gennaio con un programma di audizioni più ampio e una composizione più nutrita, con la presenza della presidente Rosy Bindi. "Vogliamo dare una risposta politica alle testimonianze e alle informazioni che stiamo raccogliendo in questi giorni". Alla richiesta di commentare l'assoluzione del senatore D'Alì nel processo che lo vedeva accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, Fava ha risposto: "Il fatto che lui continui a rappresentare un punto di riferimento indiscutibile per la politica in questa provincia è, forse, una delle ragioni per cui questo territorio continua a subire una sua opacità di fondo, ad avere una sua capacità di reazione così lenta, così faticosa rispetto alle minacce che arrivano da Cosa nostra. Ci sembra preoccupante che chi esce da un processo con una indicazione molto netta e, allo stesso tempo, molto ambigua sui suoi comportamenti prima del 1994, continui a rappresentare all'interno del parlamento e delle istituzioni un punto di riferimento indiscutibile - oggi D'Alì è relatore al Senato della legge di stabilità - e questo ci fa pensare che alcuni equilibri di potere non siano stati scalfiti, che la capacità di questo sistema di potere di continuare ad autorigenerarsi prescinda dal giudizio che la Storia può dare dei suoi comportamenti. Ma questa è una responsabilità che non possiamo attribuire ai tribunali, dove si applicano i codici".

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