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Droga dello stupro nella "Roma bene", in 5 a giudizio

29 Novembre 2021 21:51, di Redazione
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Consegne anche durante il lockdown in palazzi del Centro

Hanno consegnato la sostanza anche in pieno lockdown, utilizzando i monopattini a noleggio. Corrieri travestiti da rider raggiungevano i clienti, anche personaggi della "Roma bene", per dare loro la droga dello stupro dopo avere ricevuto l'ordinazione su Whatsapp. Per cinque pusher la Procura di Roma ha chiesto ed ottenuto il giudizio immediato: il processo è fissato per il prossimo 18 gennaio. Una indagine svolta a tempo di record dopo gli accertamenti dei carabinieri del Comando Provinciale di Roma.  Per il gruppo di spacciatori il 21 settembre scorso erano scattati gli arresti, nell'ambito di un procedimento coordinato dall'aggiunto Giovanni Conzo.

Sei le misure cautelari emesse: tre in carcere, due ai domiciliari e un obbligo di firma. Tra le persone finite a giudizio anche il presunto capo del gruppo, Danny Beccaria, 32 anni. In base a quanto ricostruito dai pm di piazzale Clodio la droga veniva consegnata anche presso lussuosi appartamenti e dimore del centro storico della Capitale, tra piazza Navona e piazza Venezia. In base a quanto ricostruito dagli inquirenti, l'organizzazione era divisa in due gruppi: uno si occupava di rifornire le comunità etniche fra viale Marconi e Monteverde Nuovo, spacciando principalmente shaboo, mentre l'altro gruppo, con a capo Beccaria, gestiva lo spaccio della Ghb, la "droga dello stupro" per i clienti italiani. Per 100 ml di sostanza stupefacente i clienti, tra cui anche un medico e un professore universitario, erano disposti a spendere fino ad 800 euro. Per le ordinazioni venivano utilizzati dei termini in codice: "acqua" era il nome con cui veniva chiamata la Ghb, ma spesso venivano usati termini come "Gilda" e "Mafalda".

L'indagine era partita dopo l'arresto di una donna di nazionalità cinese nell'ottobre del 2020. Venne fermata alla stazione Termini con shaboo per un valore di circa 20 mila euro. Le droghe sintetiche venivano fornite da una "grossista" cinese, con base in Toscana, che organizzava il trasporto e la consegna fino a Roma dello stupefacente. In particolare, la sostanza arrivava nella Capitale, tramite corrieri cinesi, che utilizzavano alternativamente mezzi ferroviari o autovetture a noleggio, vestiti con abiti firmati per non destare sospetti. (Ansa)

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