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Sequestro "Iuventa": la ong tedesca "Jugend Rettet" contesta l'inchiesta della Procura - Trapani Oggi

Trapani | Cronaca

Sequestro "Iuventa": la ong tedesca "Jugend Rettet" contesta l'inchiesta della Procura

19 Settembre 2017 16:36, di Ornella Fulco
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I legali della "Jugend Rettet", l'ong tedesca coinvolta nelle indagini della Procura della Repubblica di Trapani sulle operazioni di soccorso ai migra...

I legali della "Jugend Rettet", l'ong tedesca coinvolta nelle indagini della Procura della Repubblica di Trapani sulle operazioni di soccorso ai migranti nel Mediterraneo, hanno chiesto al Tribunale del Riesame il dissequestro della nave "Iuventa", fermata lo scorso 2 agosto. Durante l'udienza, svoltasi stamane, è stata depositata una ampia documentazione, anche fotografica, in grado - secondo i responsabili della ong - di ricostruire una verità parallela a quella ipotizzata dai magistrati trapanesi sui comportamenti adottati durante i recuperi. La Procura ha chiesto di mantenere la nave sotto sequestro, la decisione si conoscerà entro venerdì prossimo. Tra i documenti presentati dal legale della ong, l'avvocato Leonardo Marino, è contenuta la precisa cronologia delle operazioni di soccorso avvenute lo scorso 18 giugno, alla base delle contestazioni mosse dalla Procura trapanese. Secondo i magistrati, infatti, la "Iuventa" si sarebbe diretta intorno alle 11, un'imbarcazione condotta da alcuni scafisti "per la consegna di alcuni migranti" ma esiste una mail - che è stata depositata - ricevuta dal Maritime Rescue Coordination Centre di Roma, cioè dalla Guardia Costiera italiana, poco prima delle 5 del mattino, in cui veniva richiesto alla nave di spostarsi nell'area dove sono stati effettuati gli interventi. Il contenuto della documentazione sottoposta all'attenzione dei giudici del Riesame è stato al centro di una conferenza stampa-fiume svoltasi stamane, dalle 12 alle 14.45, a Trapani nel corso della quale alcuni responsabili della "Jugend Rettet" hanno raccontato la loro verità. L'inchiesta della Procura trapanese, come abbiamo già riferito, si basa, tra l'altro, sulle dichiarazioni di due addetti alla sicurezza della nave "Vos Hestia", appartenenti ad una azienda privata, che - ha detto uno dei rappresentanti della ong tedesca - "hanno evidentemente legami con il movimento identitario italiano". Secondo la "Jugend Rettet" il materiale raccolto dai magistrati "è stato interpretato in maniera terrificantemente falsa". "Non è corretto affermare - ha detto un'altra degli esponenti della ong presenti alla conferenza stampa - che noi favoriamo gli scafisti, semplicemente adattiamo le nostre modalità di soccorso in base ai cambiamenti nell'operato dei trafficanti perchè il nostro interesse primario è salvare vite umane in mare e abbiamo una strategia proattiva". Secondo l'avvocato Leonardo Marino il contenuto delle testimonianze dei due addetti alla sicurezza della "Vos Hestia" è divergente: "a proposito degli episodi contestati, avvenuti lo scorso 18 giugno, uno parla di un gommone e l'altro riferisce di una barca in legno che sarebbero stati riconsegnati dall'equipaggio della Iuventa ai trafficanti". "Una inchiesta - ha proseguito il legale - quella avviata dalla Procura trapanese, a nostro parere basata su opinioni di soggetti privati, piene di contraddizioni". Secondo i volontari della "Jugend Rettet" "o si tratta di un lavoro di indagine poco accurata o c'è l'intenzione, [ndr. da parte di chi ha fornito le testimonianze] di creare una narrazione secondo cui la nostra organizzazione collabora con gli scafisti allo scopo di screditare la nostra attività e quella delle altre ong". Oltre a queste due testimonianze, però, c'è anche la relazione di un poliziotto imbarcatosi sotto copertura e anche alcune intercettazioni che lascerebbero pensare ad un atteggiamento, da parte di persone dell'equipaggio, non proprio rispettoso delle regole e della necessità di collaborare con le autorità italiane che sovraintendono le operazioni di soccorso. Il riferimento è ad una conversazione in cui una volontaria definisce "leccaculo" il personale di un'altra ong e anche ad un cartellone con su scritto "fuck MCRR", apparso sulla "Iuventa" in occasione dello sbarco di 5 migranti all'hotspot di Lampedusa. "In quel momento erano in corso altre 11 operazioni di salvataggio - ha spiegato una responsabile di bordo - e l'aver ricevuto quella richiesta dal parte del MCRR di Roma può aver creato frustrazione in qualcuno dell'equipaggio che ha issato la scritta". Dalla "Jugend Rettet" parlano di strumentalizzazione della vicenda anche da parte della stampa che, riferendo i fatti per come sono venuti fuori in occasione del sequestro preventivo della "Iuventa", avrebbe anche dato lo spazio a esponenti della estrema destra di diffondere commenti razzisti e screditare il suo impegno umanitario. Sono state anche mostrate e illustrate le dinamiche alla base di alcune foto, diffuse dalla Polizia in occasione del sequestro della nave, in cui si vedono la Iuventa, imbarcazioni con migranti e anche i cosiddetti "engine fishers" [ndr. pescatori di motori] che si avvicinano in occasione dei soccorsi per recuperare i motori da gommoni e barconi. "Lo fanno - hanno spiegato i volontari della ong - anche durante le operazioni di salvataggio e non soltanto dopo. Si tratta di persone con le quali evitiamo di avere qualsiasi tipo di contatto a meno che, come è accaduto, il loro agire non metta ulteriormente in pericolo la vita delle persone che stiamo salvando". Secondo la ong tedesca le imbarcazioni di soccorso mostrate nelle foto diffuse alla stampa non sono quelle appartenenti alla "Iuventa" ma ad un altra ong perchè la nave stava già dirigendo verso un gommone segnalato alla deriva in altra zona. "Per questo motivo abbiamo lasciato intatte le imbarcazioni da cui avevamo recuperato i migranti, mentre di solito le distruggiamo anche se, legalmente, non saremmo tenuti a farlo, non c'era il tempo eper per noi la priorità sono le vite da salvare". Poco dopo sono arrivati i "pescatori di motori" a recuperarle e portarle indietro in Libia. Una di queste imbarcazioni in legno, infatti, è stata ritratta, dopo qualche tempo, nelle foto relative ad un altro salvataggio. "Le prove presentate in questa indagine non hanno nessuna consistenza - è stato affermato durante la conferenza stampa - si tratta di bugie, di dichiarazioni contraddittorie, di immagini estrapolate dal loro reale contesto, di interpretazioni arbitrarie. Quando conviene vengono omessi fatti e ci si basa su opinioni. Non solo sono false le accuse ma anche le conclusioni a cui si giunge". "Non abbiamo mai collaborato, in alcun modo, con scafisti e trafficanti, condanniamo il loro business crudele che specula sulla vita umana, i nostri interventi sono sempre stati richiesti dalle autorità preposte - ha detto una rappresentante della ong che ha anche smentito l'esistenza di "chat segrete" tra ong e trafficanti: "Esiste solo un gruppo su cui ci scambiamo notizie in tempo reale con le altre ong sulle operazioni di salvataggio". I responsabili della "Jugend Rettet" e anche lo stesso avvocato Marino, a precisa domanda, hanno escluso collegamenti tra l'indagine della Procura di Trapani e la mancata firma del Codice di comportamento per le ong voluto dal ministro Minniti così come non credono ad una ipotesi di "complotto" contro l'organizzazione non governativa tedesca. Secondo il legale, però, il Tribunale di Trapani non avrebbe competenza sul caso: "Il gip non poteva firmare il provvedimento di sequestro preventivo della Iuventa senza avere ottenuto il permesso dal Paese di bandiera la nave, che è l'Olanda, e questo non è stato fatto". L'avvocato ha confermato che, al momento, nessuno dell'ong risulta indagato e ha sottolineato che l'udienza di stamane ha riguardato esclusivamente la richiesta di dissequestro della nave. "Siamo in una fase di indagini e neppure noi possiamo conoscere esattamente il contenuto delle carte in mano ai magistrati, nessuno è stato sentito o altro". La richiesta di dissequestro è stata accompagnata da ben 18 allegati, tra cui una serie di fotografie e spezzoni video (alcuni girati da un documentarista prima dell'avvio delle indagini) per documentare l'operato e sostenere la versione dei fatti della ong. "Contestiamo - ha detto una rappresentante del direttivo della Jugend Rettet che ha letto una dichiarazione definita politica - l'attuale politica dell'UE sui migranti. Lasciare che la Guardia Costiera libica li riconduca indietro significa, come già documentato, esporre queste persone a violenze, abusi e morte. Invece di utilizzare le dotazioni finanziarie disponibili per aiutare i migranti a trovare un futuro migliore il sostegno finanziario alla Guardia Costiera libica criminale viene presentato come una soluzione. Noi non possiamo accettare, in nome dei principi umanitari europei, che i migranti vengano trattati in questo modo". I responsabili di "Jugend Rettet" hanno sottolineato come l'Italia sia stata lasciata sola dall'Unione europea ad affrontare il fenomeno migratorio. "Ci vogliono soluzioni comuni e sovranazionali - hanno concluso - che non lascino spazio a razzismi e nazionalismi più o meno striscianti che fomentano l'odio per queste persone in difficoltà".

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