Hoefer racconta Camilleri, il libro di Cassisi e Scimè
Un omaggio ad un grande amico che tale è e rimane nonostante non lo veda da cinquant’anni ma che sente regolarmente al telefono, almeno una volta a se...
Un omaggio ad un grande amico che tale è e rimane nonostante non lo veda da cinquant’anni ma che sente regolarmente al telefono, almeno una volta a settimana. Questo è “ Hoefer racconta Camilleri- Gli anni di Porto Empedocle” volume edito dalla Dario Flaccovio Editore e curato da due giornalisti, Andrea Cassisi e Lorena Scimè, con la prefazione di un altro grande amico dei due intellettuali siciliani, Melo Freni. Un susseguirsi di immagini, di episodi sull’onda della memoria. Un volume nato quasi per caso dall’incontro dei due giornalisti con Federico Hoefer, funzionario dell’Anic Gela, ma anche giornalista, poeta e pittore, poliedrico amico di infanzia di Andrea Camilleri. Da un primo incontro ne scaturiscono altri durante i quali Federico Hoefer tira fuori da angoli reconditi della memoria aspetti della infanzia di due giovani, lui e “Andreuccio” Camilleri , ambedue figli unici, che in un paese del profondo Sud vengono su con dentro quella voglia di crescita culturale che è anche voglia di riscatto sociale. Gli studi, non completati, non pregiudicano il loro bagaglio culturale che spazia tra la letteratura , con grande attenzione agli autori siciliani, da Pirandello a Capuana, da Verga a De Roberto, a Consolo, al teatro,al jazz, musica colta che nel dopoguerra fu anche un modo per guardare oltre l’Atlantico. Hoefer, il cui cognome Camilleri inserisce in uno dei suoi cento romanzi che hanno come protagonista Salvo Montalbano e dai quali “potremmo percepire l’odore del tabacco” , a volte si compiace nel ricordare la sua vita assieme a Camilleri: dalla signora Carmelina, madre dello scrittore alla “criata” Adelina, la stessa che Camilleri rende protagonista dei suoi libri assieme alle sue specialità culinarie, dalla “pasta ‘ncasciata” alle arancine, dalla caponata alle sarde a beccafico, un trionfo di colori e di sapori che trasudano dalle pagine dei romanzi di Montalbano. Camilleri e gli scenari dei suoi racconti escono fuori dal ricordo delle gite alla "Scala dei Turchi", dalle lunghe passeggiate sulla spiaggia dove da ragazzi si discuteva dei massimi sistemi, dalle trattorie vicino al mare dove “Andreuccio” - un vezzeggiativo da cui nella migliore tradizione siciliana difficilmente ci si affranca - si rifugiava per concentrarsi, così come fa il personaggio Montalbano. C’è anche la disattenzione del celebre commissario a cui Luca Zingaretti ha dato il volto nel volume di Cassisi e Scimé, ed è nel ricordo di quando Camilleri arriva in ritardo alla fermata dell’autobus dove doveva attendere la moglie (allora fidanzata) di Hoefer. Lì vedi Salvo Montalbano e la sua fidanzata Livia, spesso sola all’arrivo del bus. Ecco, quindi, che nel racconto di Federico Hoefer si svelano, come nella migliore tradizione teatrale, altra passione dei due, le origini delle tante efficaci abitudini del commissario più amato al mondo. Poi il ricordo cede un po’ alla malinconia che è tipica delle persone anziane, tanto più se sensibili e nel finale Hoefer quasi si scusa, e scusa l’amico, per la difficoltà che hanno di incontrarsi, visto che ormai il loro è “il tempo in cui l’età complica le partenze rendendole faticose”. Ma rimane la scrittura per cementare le amicizie, un po’ come aveva scritto , in musica, Lucio Dalla. Ed il "per sempre" finale è degno coronamento di un amicizia che, come tutte quelle della infanzia, non ha mai fine e torna sempre, nel tramonto della vita di ognuno di noi.
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