Processo "Blue wave". Chiesti dalla Procura Europea 115 anni di carcere
L'operazione della Guardia di Finanza portò al fermo di 13 persone
Richieste di condanna per 115 anni di carcere. Sono state chieste dai sostituti procuratori Gery Ferrara e Amelia Luise, nei confronti dei componenti un’organizzazione composta da tunisini, trapanesi e palermitani che avrebbero organizzato un grosso traffico di sigarette dall’Africa alla Sicilia. Le indagini dell’operazione «Blue Wave» che significa «Onda Blu», sono state coordinate dalla Procura Europea (Eppo).
Queste le richieste per gli imputati: Vito Agnello, 12 anni di reclusione, Mehdi Ammari, 6 anni di reclusione, Mohamed Baili, 5 anni e 4 mesi di reclusione, Bartolomeo Bertuglia, 10 anni e 8 mesi di reclusione, Francesco Bertuglia, 10 anni di reclusione, Fabio Bruno 8 anni e 8 mesi di reclusione, Alfredo Caruso, 8 anni di reclusione, Giulio Di Maio, 8 anni e 8 mesi di reclusione, Mohamed Hassen Hamza, 6 anni e 8 mesi di reclusione, Said Hamza, 6 anni e 8 mesi di reclusione, Samir Kacem, 6 anni e 8 mesi di reclusione, Giuseppe Giacomo Licata, 6 anni e 8 mesi di reclusione, Antonino Lo Nardo, 8 anni e 8 mesi di reclusione, Walid Mirghli 6 anni di reclusione, Calogero Stassi, 4 anni e 8 mesi di reclusione.
Gli imputati sono accusati di far parte di un’organizzazione criminale transnazionale, che operava tra la Tunisia e la Sicilia, finalizzata al contrabbando di sigarette provenienti dal Nord-Africa. Il sistema di trasporto delle "bionde» prevedeva l’invio via mare della merce su imbarcazioni dal Nordafrica, le cosiddette 'navi madrì, che poi, al limite delle acque territoriali, si incontravano con natanti di piccole dimensioni provenienti dall’Italia, sui quali venivano trasbordate le casse. Le aree risultate maggiormente interessate agli sbarchi erano Mazara del Vallo, Marsala e Campobello di Mazara - ma alcuni eventi sono stati registrati anche nel siracusano.
Le sigarette, una volta approdate sulla costa, erano stoccate in magazzini nel territorio di Mazara, dove poi l’organizzazione palermitana si approvvigionava. A capo dell’organizzazione con
articolazioni internazionali era Walid Mirghli per il gruppo con base nel trapanese e Ahmed Zaabi per la Tunisia.
Un business, sul quale indagano i procuratori europei Amelia Luise e Gery Ferrara, che avrebbe
comportato un danno molto sostanzioso proprio alle casse dell’Ue: 600 mila euro di dazi doganali evasi, oltre 4 milioni e 200 mila euro di accise non versate e circa un milione e 300
mila euro di Iva non corrisposta.
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