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Palermo | Cronaca

Addio a Vincenzo Agostino

21 Aprile 2024 17:46, di Redazione
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E' morto prima della fine dei processi agli assassini del figlio e della nuora

E' morto Vincenzo Agostino, 87 anni, che per tanti anni si è battuto per ottenere giustizia per la morte del figlio Nino, l'agente di polizia assassinato dalla mafia, assieme alla moglie incinta Ida Castelluccio, l'8 agosto del 1989. Era conosciuto per il suo impegno e per la lunga barba bianca: l'avrebbe tagliata solo dopo che fosse stata fatta verità sui mandati del duplice omicidio e sul depistaggio delle indagini. Sua moglie, Augusta Schiera, era morta nel 2019, ma Vincenzo Agostino ha continuato senza sosta la sua battaglia fino all'ultimo. Vincenzo assistera ad ogni udienza, da oggi lo farà altrove e li assisterà anche alla sentenza, essendo il processo alle battute finali: hanno già discusso le parti civili, il 3 maggio e il 21 sono in programma gli interventi dei difensori degli imputati e poi la Corte d’assise, presieduta da Sergio Gulotta, dovrebbe ritirarsi in camera di consiglio per la sentenza.

La scomparsa di Vincenzo Agostino, a 87 anni, non rappresenta la fine della battaglia intrapresa in nome di suo figlio, l’agente di polizia Nino, e della moglie di quest’ultimo, Ida Castelluccio. Per questo delitto - per cui furono molteplici le piste investigative, di cui alcune totalmente depistanti - sono state accusate tre persone, tra le quali il boss di Resuttana Nino Madonia, il killer preferito da Totò Riina, che ha optato per il rito abbreviato e nel 2021 è stato condannato all’ergastolo, confermato anche in appello il 5 ottobre scorso.

Anche quel giorno Vincenzo - accompagnato dalle figlie, dai nipoti e dalla sua inseparabile scorta ma senza più la moglie Augusta Schiera, si presentò al palazzo di giustizia di Palermo. La sua barba bianca, che aveva deciso di non tagliare finché non fosse stata fatta giustizia per il proprio figlio, il passo lento ma deciso agevolato da un bastone, dopo la sentenza Vincenzo Agostino fu netto, come sempre: «Sono soddisfatto perché hanno condannato il macellaio di mio figlio e di mia nuora. Soddisfatto anche per mia moglie, desideravo tanto che ci fosse anche lei accanto a me. Ora toglierò la scritta sulla sua lapide, “morta in attesa di verità e giustizia”. Si sta avvicinando il giorno in cui potrei tagliare la barba, perché si avvia a conclusione anche il procedimento ordinario, in caso di condanna posso dire che quel giorno posso mantenere la promessa che ho fatto sulla tomba di mio figlio». Non ha fatto in tempo, la morte lo ha raggiunto prima.

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