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Dia, sequestro di beni per un milione a imprenditore di Vita [VIDEO] - Trapani Oggi

Vita | Cronaca

Dia, sequestro di beni per un milione a imprenditore di Vita [VIDEO]

23 Maggio 2024 08:21, di Laura Spanò
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L'uomo è stato condannato a 12 anni nell'ambito processo scaturito dall'operazione antimafia Pionica

Beni mobili, immobili e partecipazioni societarie per un valore complessivo di un milione di euro, appartenenti ad un imprenditore agricolo, condannato con sentenza passata in giudicato anche per 416-bis, e organico alla famiglia mafiosa di Vita (provincia di Trapani), sono stati posti sotto sequestro dalla Dia di Trapani. Il decreto di sequestro eseguito dalla Direzione Investigativa Antimafia, e finalizzato alla confisca di prevenzione è stato emesso dal Tribunale di Trapani. L'imprenditore è rimasto coinvolto, tra gli altri, nel procedimento penale scaturito dall’operazione “Pionica” e che ha riguardato le famiglie mafiose che operano nei comuni trapanesi di Salemi e Vita. Una operazione effettuata nel 2018 e che portò a numerose misure cautelari personali tra cui quella a carico dell’imprenditore di Vita oggetto del sequestro di beni, al quale a termine dell’iter processuale, è stata inflitta in via definitiva la pena di anni 12 di reclusione. La misura ablativa, è stata emessa su proposta a firma congiunta del Direttore della DIA e del Procuratore della Repubblica di Palermo, ed è stata adottata sulla scorta delle risultanze di articolate indagini patrimoniali svolte dalla Sezione Operativa della Dia di Trapani, che ha dimostrato “la sproporzione tra gli asset patrimoniali riconducibili al prevenuto e i redditi da questi dichiarati, per un valore complessivo di circa 1 milione di euro.

L’operazione “Pionica” prende il nome da una contrada di Santa Ninfa dove c’è un’azienda di 60 ettari appartenuta a Giuseppa Salvo, di Salemi. Secondo l’accusa, Michele Gucciardi e Melchiorre Leone, 61 anni, agronomo di Vita, già condannato in abbreviato a 9 anni e 4 mesi, avrebbero prima scoraggiato i possibili acquirenti dell’azienda; ma in seguito l’alcamese Roberto Nicastri, fratello del “re dell’eolico”, dopo averla comprata all’asta per 130 mila euro per rivenderla a 530 mila euro alla “Vieffe” dei palermitani Vivirito e Ficarotta, ha preteso per questi ultimi i diritti di reimpianto dei vigneti. I cosiddetti “catastini”, che la Salvo, parte civile nel processo, sostiene che avrebbe potuto vendere e con il ricavato pagare i debiti dell’azienda e mantenere la proprietà dei terreni. Grazie a quei “catastini” la “Vieffe” ottenne due finanziamenti comunitari: uno di 420 mila e l’altro di 120 mila euro.

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