Eccessivo uso dei DPCM. La denuncia del Centro Siciliano di Studi sulla Giustizia
Norme spesso contraddittorie e vessatorie
Il dottor Raimondo Cerami, presidente del Centro Siciliano di Studi sulla Giustizia, ha affidato ad una nota stampa una serie di riflessioni giuridiche sull'operato dei governanti, sia a livello centrale che periferico, in questo momento delicato legato al diffondersi del Covid 19.
Nella nota Cerami sottolinea come "  pur consapevole della situazione eccezionale e del tutto inedita che il Paese attraversa per I'emergenza legata alla pandemia da COVID-l9, non può tuttavia non denunciare pubblicamente Ia propria preoccupazione per la natura ed il contenuto di taluni provvedimenti sin qui adottati (compreso l’ultimo D.P.C.M. del 26 aprile 2020) , sia a livello centrale che dalle amministrazioni regionali o locali".
E qui Cerami sottolinea come " se è ovvio che occorre garantire la rapidità nelle decisioni, la stessa va perseguita con gli strumenti costituzionalmente previsti.
In particolare, pur nel tentativo di assicurare un pieno diritto alla salute, non si può rinunciare, in modo acritico, e sia pure temporaneamente, ai diritti di libertà .
E, in ogni caso, nel sistema costituzionale lo strumento per fronteggiare situazioni straordinarie e per consentire rapidità nelle decisioni è quello del decreto-legge".
Da qui ne discende la denuncia dell' uso " reiterato del D.P.C.M., atto che, per sua stessa natura, sottrae al Parlamento la sua funzione di controllo, essenziale nell'equilibrio dei poteri".
Ma non è solo il Governo centrale ade essere attenzionato dal Centro Siciliano di Studi sulla Giustizia per il quale " desta molte riserve l'adozione di provvedimenti regionali e locali in grado di limitare ulteriormente le libertà personali, con l'estensione di responsabilità penali e/o amministrative nei confronti dei cittadini.
In secondo luogo, occorre che vi sia chiarezza nei messaggi da trasmettere ai cittadini. Invece, in materia si è verificato un inestricabile e caotico groviglio di decreti legge, D.P.C.M., circolari interpretative, moduli di autocertificazione, ordinanze dei Presidenti delle Regioni, etc, talora in netto contrasto tra loro.
Una successione di norme incomprensibili e scritte anche male che ha alimentato Ia confusione nei cittadini chiamati a districarsi in questo groviglio di disposizioni. Ad aumentare la confusione, nell'ultimo modulo di autocertificazione, scaricabile dal sito del Ministero dell'Interno, si impone al povero e vessato cittadino di dichiarare, sotto la propria responsabilitĂ (tra le altre cose): “ di essere a conoscenza delle misure di contenimento del contagio vigenti alla data odierna ed adottate ai sensi degli artt. 1 e 2 del decreto legge 25 marzo 2020, n.19, concernenti le limitazioni alle possibilitĂ di spostamento delle persone fisiche all'interno di tutto il territorio nazionale; di essere a conoscenza delle ulteriori limitazioni disposte con provvedimenti del Presidente della Regione di partenza e del Presidente della Regione di arrivo) e che lo spostamento rientra in uno dei casi consentiti dai medesimi provvedĂmenti , indicando quale; di essere o conoscenza delle sanzioni previste dall'art. 4 del decreto legge 25 marzo 2020, n. l9” .Si tratta - continua il dottor Cerami - di richieste concretamente inesigibili, ma dalle quali discendono gravi conseguenze per il cittadino. Ancora, le decisioni adottate devono comunque essere rispettose del criterio di ragionevolezza delle imposizioni, tanto piĂą se punite come reati o sanzionate da gravi illeciti amministrativi (è previsto il pagamento di una somma da euro 400 a euro 3.000).
Invece, alcune delle misure adottate finora sono illogiche e irrazionali, e non sembrano potere reggere ad un controllo di legalitĂ in sede giurisdizionale.
Si pensi al divieto di passeggiare con i figli minori; al divieto di fare attivitĂ fisica all'aperto, sia pure a distanza di sicurezza (norma regionale); alla possibilitĂ per una sola persona a nucleo familiare di fare la spesa, invitando al contempo a farla non ogni giorno (norma regionale) (quindi, magari, occorre essere in due, e utilizzare una autovettura).
Le misure adottate nell'ultimo D.P.C.M. possono, inoltre, essere illogiche e vessatorie anche per quel che attiene alle ricadute economiche: perché un artigiano qualsiasi che lavora da solo non dovrebbe lavorare? Perché continuare a tenere chiusi tutti gli esercizi commerciali diversi da quelli che vendono alimenti o farmaci, se invece si può lavorare con il rispetto delle misure di cautela e precauzione?
Infine, occorre ragionare sul fatto che la chiusura di tutte le attivitĂ , e soprattutto di quelle minute, impedisce il sostentamento di larghe fasce della popolazione, specie di quelle piĂą povere ed indifese.
In tal modo, si possono verificare fenomeni di criminalità “da bisogno", che incrementerebbero quella criminalità diffusa che, a sua volta, colpisce vittime indifese (anziani, donne e persone sole).
Per queste ragioni, il Centro Siciliano di Studi sulla Giustizia sente la necessità di rivolgere un appello a tutte le pubbliche autorità affinché utilizzino la massima prudenza e ragionevolezza nell'adottare misure comunque limitative della libertà delle persone, garantendo, pur in una fase di emergenza, il rispetto dei princìpi democratici e delle garanzie socio-economiche che abbiamo costruito in faticosi decenni.
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