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Gioielliere condannato dal tribunale di Trapani a 3 anni e mezzo per usura - Trapani Oggi

Trapani | Cronaca

Gioielliere condannato dal tribunale di Trapani a 3 anni e mezzo per usura

24 Marzo 2023 20:45, di Redazione
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L'uomo è stato condannato al pagamento di una multa di 12 mila euro

Il tribunale di Trapani, presidente, giudice Franco Messina, ha condannata Marcello Tummina, 62 anni, gioielliere originario di Calatafimi, a tre anni e mezzo di carcere, e 12 mila euro di multa, per usura. Per l’accusa, tra il 2012 e il 2015, Tumminia avrebbe preteso e ottenuto da un imprenditore di Castelvetrano oltre 40 mila euro a titolo di interessi usurari.

I giudici hanno accolto l’impianto dell’accusa, che ha sostenuto come a fronte di un prestito di 80 mila euro concesso all’imprenditore, che era in precarie condizioni economiche, Tumminia avrebbe chiesto e ottenuto gli oltre 40 mila euro di interessi senza mai considerare la somma come parziale rimborso del prestito. L’imprenditore, stanco delle vessazioni subite, decise di denunciare.

Tumminia, che ha precedenti per ricettazione e riciclaggio di ingenti quantità di preziosi rubati (e per questo, nel 2017, ha subito una confisca di beni per un valore di circa 8,5 milioni di euro), è stato, interdetto dai pubblici uffici per 5 anni e condannato alla confisca della somma di 40 mila euro, sequestrata nel corso delle le indagini. Condannato anche al pagamento del risarcimento dei danni in favore delle vittime, da quantificarsi in sede civile, nonché al pagamento delle spese legali in favore della persona offesa, della sua società (assistiti dall’avvocato Giuseppe Accardo, del Foro di Marsala) e dell’Associazione Antiracket Libero Futuro (assistita dall’avvocato Maria Bianco, sempre del Foro di Marsala).

Dopo la sentenza, i due legali di parte civile hanno dichiarato: «Siamo contenti che il Collegio abbia fatto propria la ricostruzione della pubblica accusa, sorretta dalle dichiarazioni della persona offesa e dai riscontri documentali. Ulteriore riscontro è stato offerto dalla perizia svolta in fase di dibattimento che ha fugato, a parere nostro, ogni ragionevole dubbio relativamente alla rilevanza penale della condotta dell’imputato».

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