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Campobello di Mazara | Cronaca

Il 2023 che se ne va e la cattura di Matteo Messina Denaro

31 Dicembre 2023 09:47, di Laura Spanò
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Ma morto il boss la mafia non è sconfitta

Se ne va un altro anno. Stasera saluteremo il 2023. Tra i fatti senza dubbio più rilevanti la cattura di Matteo Messina Denaro: l’ultimo padrino di cosa nostra, latitante da 30 anni che sicuramente non pensava di dover subire la cattura, il carcere e infine la morte, tutto nel giro di nove mesi. Morto Matteo Messina Denaro per la mafia non è stata sconfitta. Ancora oggi la task force di investigatori del Ros, gli stessi che hanno catturato il 16 gennaio scorso, stanno ancora indagando su tutto il materiale rinvenuto nel corso delle perquisizioni nell'abitazione di Vicolo San Vito, ultimo indirizzo conosciuto del boss e in quelle di familiari, conoscenti e favoreggiatori. Ma non solo si lavora per ricomporre finalmente quella articolata rete di favoreggiatori e fiancheggiatori, si parla di medici, politici, imprenditori, semplici cittadini e prelati che in questi lunghissimi trent'anni hanno coperto la latitanza dorata di “diabolik” uno dei tanti appellativi con cui veniva identificato Matteo Messina Denaro.

Si cerca anche il nuovo successore di Matteo Messina Denaro, colui il quale ha preso il suo posto al comando di Cosa Nostra trapanese. Colui il quale ha in mano scettro e forse anche qualche segreto. Perchè di segreti Matteo Messina Denaro, ne aveva tantissimi. Segreti, e soldi.

Il capo dei capi non ha collaborato con la giustizia: con la sua fine restano irrisolti così i misteri sulle stragi del ’92-’93.

Processi, confische e indagini finanziarie hanno indebolito Cosa nostra, ma la battaglia resta lunga.

La cattura del superlatitante Matteo Messina Denaro, con lo smantellamento della sua rete di connivenze e complicità, ha rappresentato nel 2023 il punto più alto della lotta alla Mafia. Con l’arresto e la morte per cancro di u “siccu”, Cosa Nostra si è ancora una volta inabissata.

Numerosi sono i membri dei clan arrestati e processati, familiari, affini, conoscenti, favoreggiatori, fiancheggiatori. Le confische sicuramente stanno facendo moltissimo e le indagini finanziarie hanno migliorato la capacità di raccogliere prove e smascherare gli affiliati. L’ultimo stragista latitante di cosa nostra è stato arrestato all’alba del 16 gennaio 2023 dai carabinieri mentre stava entrando nella clinica privata ’Maddalena’, a Palermo. "L’accusa che si muove a Matteo Messina Denaro è di avere deliberato le stragi. Quindi ci occupiamo di un mandante, non di un esecutore – ha detto il procuratore generale Antonino Patti nel corso della sua requisitoria al processo di appello che si tenne il 27 ottobre 2022 –. L’imputato era parte di un organismo riservato, direttamente alle dipendenze di Totò Riina, un gruppo denominato la ‘Super cosa’".

Tra Messina Denaro e Riina c’era totale e reciproco rapporto di fiducia, un rapporto iniziato negli anni Ottanta, senza mai attriti o incrinature. Anche dopo le stragi e dopo che Riina venne arrestato il 15 gennaio 1993, Diabolik, continuò a esercitare la sua egemonia. E questo nonostante la sua giovane età. Era incensurato, sconosciuto alle forze dell’ordine – diventerà latitante il 2 giugno del ‘93 – e in quel momento libero di muoversi (alcune foto lo ritraggono in platea al teatro Parioli di Roma prima dell’attentato a Maurizio Costanzo). Riina intuì che il giovane Matteo era capace a livello criminale di ogni impresa.

Con la sua morte avvenuta nella notte tra domenica 24 e lunedì 25 settembre all’ospedale dell’Aquila a 61 anni, rimangono un mistero e senza risposte le stragi di mafia del 1992 e del 1993 e le complicità politiche e istituzionali che hanno permesso a lui di vivere da latitante per quasi trent’anni. E lo stesso Messina Denaro al procuratore capo di Palermo Maurizio De Lucia al momento del suo arresto: "Con voi parlo, ma non collaborerò mai".

Nonostante il suo silenzio, gli investigatori hanno fatto luce in questi mesi su parte degli affiliati. Alcuni sconosciuti, incensurati, mai indagati prima. Altri vecchie conoscenze come il ‘prestanome’ Leonardo Bonafede (di cui il boss aveva preso l’identità).

Alfredo Montalto Gip del tribunale di Palermo aveva detto: "La tutela della latitanza di Messina Denaro è stata affidata, non solo a soggetti sconosciuti e inimmaginabili, ma soprattutto a un soggetto conosciutissimo dalle forze dell’ordine e cioè a quel Leonardo Bonafede da sempre ben noto, oltre che come reggente della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, soprattutto per la sua trascorsa frequentazione e amicizia con il padre di Messina Denaro". Morto il boss la mafia è sconfitta? "La mafia è camaleontica e cerca costantemente nuovi modi per infiltrarsi e prosperare", dice l’aggiunto palermitano Paolo Guido.

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