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Trapani | Cronaca

Processo Altamirano, sentiti psichiatra e psicoterapeuta

13 Aprile 2016 15:28, di Ornella Fulco
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Aminta Altamirano Guerrero soffre di distimia, una forma cronica di depressione di grado medio-lieve, associata ad un disturbo di conversione (più com...

Aminta Altamirano Guerrero soffre di distimia, una forma cronica di depressione di grado medio-lieve, associata ad un disturbo di conversione (più comunemente definita isteria) e ad un disturbo di personalità passivo-dipendente. Lo sostengono i consulenti nominati dalla difesa della 34enne messicana accusata di aver ucciso, nel luglio del 2014, il figlio Lorenz Renda di cinque anni con una overdose di Laroxyl, un farmaco antidepressivo che le era stato prescritto. Lo psichiatra Giovanni Carlesi e lo psicologo e psicoterapeuta Fulvio Carbone, entrambi provenienti da Firenze, sono stati ascoltati stamane nel corso di una nuova udienza del processo che si svolge davanti alla Corte di Assise di Trapani presieduta da Angelo Pellino, giudice a latere Samuele Corso. Secondo i due specialisti, che hanno incontrato la donna in una serie di colloqui svoltisi, quando era detenuta presso la Casa circondariale di Trapani, tra il 2 aprile il 15 maggio del 2015, Altamirano Guerrero sarebbe stata sottoposta ad una terapia antidepressiva insufficiente, nelle dosi, per il tipo di patologia riscontrata. La prescrizione del Laroxyl e del Depakin - un anti epilettico utilizzato anche come stabilizzatore dell'umore - sarebbe stata, comunque coerente con il quadro dei sintomi lamentati a suo tempo dalla donna. Il dottore Carlesi, in particolare, rispondendo a precise domande sia del difensore, l'avvocato Baldassare Lauria, sia dell'avvocato Pietro Vitiello, legale della famiglia Renda, ha sottolineato come l'amitriptilina - il principio attivo del Laorxyl - sia l'antidepressivo triciclico che, più di tutti nella sua categoria, induce sonnolenza  e sedazione profonda nei pazienti. Sembrano trovare, così, riscontro scientifico le dichiarazioni dell'imputata a proposito della sonnolenza e del senso di stordimento che la sopraffacevano la sera dopo aver assunto il farmaco e che aveva riferito di continuare ad avvertire in una certa misura anche durante la giornata. Aminta Altamirano Guerrero aveva raccontato, nel corso della sua testimonianza davanti ai giudici, che anche la sera precedente al decesso del piccolo Lorenz, dopo essersi assicurata che il bambino si fosse coricato, aveva assunto la dose di medicinale prescritta e si era messa a letto, addormentandosi poco dopo. Al suo risveglio, l'indomani mattina, aveva trovato il figlio, ormai cadavere, nel suo lettino. Il dottore Carlesi ha anche spiegato che l'associazione tra Depakin e Laroxyl aumenta questo effetto di sedazione e induce ad un sonno profondo da cui "è difficile che il paziente si svegli a causa di stimoli acustici, bisogna scuoterlo con insistenza perché esca dal sonno". "Aminta Altamirano Guerrero aveva un rapporto molto stretto con il figlio - ha spiegato lo psicoterapeuta Carbone - i due vivevano in una sorta di cerchio in cui era soprattutto la madre a dipendere dal figlio da cui si aspettava un sostegno che, ovviamente, un bambino di quella età non è in grado di dare. Aminta attribuiva a Lorenz - ha proseguito lo specialista - funzioni non proprie: quelle di confidente, di amico e questo è un segno della sua fragilità emotiva che ha fortemente condizionato e indirizzato la modalità di rapporto con il figlio". Quanto all'aspetto dell'isteria, sia Carlesi sia Carbone hanno sottolineato come questa possa pienamente spiegare alcuni comportamenti della donna, la sua tendenza a "drammatizzare" e a "teatralizzare" aspetti del suo vissuto personale ma che questa non conduce, invece, secondo quanto riconosciuto nella loro esperienza professionale e nella letteratura scientifica, a comportamenti etero o auto-distruttivi. "Piuttosto - ha riferito Carbone - la scrittura che Aminta amava praticare era una forma di idealizzazione ed elaborazione attraverso la quale la donna affrontava le sue difficoltà". Il biglietto ritrovato nella sua borsa in cui, secondo la tesi accusatoria, l'imputata avrebbe espresso una volontà suicidiaria, andrebbe letto sotto questa luce e sarebbe una delle espressioni tipiche del disturbo di conversione. "Il disturbo isterico - ha riferito lo psichiatra, meravigliandosi che questo non sia stato rilevato dai consulenti nominati dalla Procura - è strettamente intessuto con la personalità e, anche quando non vi sono aspetti clinici evidenti, l'occhio esperto dello psichiatra se ne accorge, attraverso i colloqui e l'anamnesi del paziente". I due consulenti hanno anche evidenziato l'importanza di contestualizzare i comportamenti di Aminta Altamirano Guerrero alla luce della sua cultura di appartenenza, quella messicana, definita "riferimento primario" per la donna: da qui si spiegherebbe la familiarità con il concetto della morte, i riti verso i defunti e le conversazioni sulla cremazione avute con il figlio, anche se così piccolo. Un aspetto, come ha chiarito il dottore Carbone, "che incide nel suo quotidiano e nella sua modalità di relazionarsi con le figure emotivamente più significative per lei, come il suo partner e suo figlio". Un altro aspetto messo in luce dalle due testimonianze è quello legato alla "dose letale" di Laroxyl. Carlisi ha precisato che questa può variare da persona a persona in funzione di una serie di variabili, tra cui il peso dell'individuo e le capacità di assorbimento del farmaco da parte dell'organismo. "Mentre per un adulto dal peso medio sarebbe stata necessaria, approssimativamente, l'assunzione di un flacone e mezzo, per un bambino - ha detto - sarebbe potuto bastare un quarto, o anche meno, del suo contenuto".

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