Maxi truffa all'Inps, in 5 davanti al Gup a giugno
L'inchiesta fu portata a termine dai carabinieri del comando provinciale
Fissata per il prossimo 13 giugno la prima udienza preliminare davanti al gup per decidere sulle cinque richieste di rinvio a giudizio avanzate dalla Procura di Marsala per i presunti autori di una maxi-truffa ai danni dell’Inps attraverso indennità di disoccupazione secondo l’accusa non dovute.
La truffa fu scoperta dai carabinieri del comando provinciale e dai colleghi Tutela del Lavoro–Nucleo Ispettorato del Lavoro. I militari dell'arma accertarono che nell’arco di sei anni (dal 2012 al 2018) sarebbe stato procurato all’ente di assistenza e previdenza un danno di oltre 638 mila euro: somme erogate a titolo di indennità di disoccupazione sulla base di assunzioni, secondo l’accusa “fittizie”, di oltre duecento lavoratori, in buona parte tunisini.
Le persone coinvolte erano residenti a: Mazara, Marsala, Petrosino, Campobello di Mazara, Ribera, Sciacca e anche in centri del nord Italia. Il rinvio a giudizio è stato chiesto per Sergio Agnello, 46 anni, Nicolò Passalacqua, 53anni, Salvatore Asaro, 63, Francesco Di Pietra, 53, tutti di Mazara del Vallo, e Mehdi Ammari, 45, di Campobello di Mazara.
Per l'accusa era Di Pietra, consulente, originario di Castelvetrano, al quale nel novembre 2020 venne sequestrato lo studio professionale ad avere avuto un ruolo centrale. Agnello, Asaro e Passalacqua erano titolari di aziende sulla carta operanti nei settori edile, metalmeccanico e agricolo, usate per le assunzioni fittizie necessarie ad incassare le indennità di disoccupazione. Passalacqua sarebbe stato, “promotore, costitutore e organizzatore del sistema di truffe”. Il tunisino Mehdi Ammari avrebbe avuto il compito di procacciare lavoratori da assumere sulla carta. Le accuse a vario titolo contestate sono la truffa in concorso e il falso ideologico. Nel novembre 2020, ai cinque furono sequestrati beni per circa un milione di euro.
Gli investigatori dei carabinieri accertarono che gli indagati, utilizzando ditte operanti solo “su carta”, avevano fittiziamente assunto 241 persone, in particolare nordafricani a cui stava per scadere il permesso di soggiorno. I finti lavoratori (194 gli indagati), a loro volta, secondo l’accusa, si impegnavano a versare ai titolari delle ditte la metà delle indennità percepite dopo il licenziamento da un lavoro che non avrebbero mai svolto.
I cinque sono difesi dagli avvocati Francesco Vinci, Stefano Pellegrino, Giuseppe Tumbiolo, Gianni Caracci e Salvatore Tortorici.
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