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Presentata istanza per la riapertura indagine per la morte di Rita Atria

12 Giugno 2022 10:08, di Laura Spanò
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A soli 17 anni, testimone di giustizia, è morta a Roma il 26 luglio 1992, ufficialmente per suicido

Rita Atria si suicidò o fu indotta al suicidio? E se è vero da chi e perchè. E' quanto viene chiesto con la presentazione dell'istanza per la riapertura delle indagini sulla morte della ragazzina di Partanna che diventò una testimone di giustizia denunciando mafia e mafiosi della sua Partanna, quella città dove lei era nata. Questa ragazzina che sfidò i mafiosi del Belice, oggi avrebbe avuto una famiglia, avrebbe avuto qualcosa per cui vivere, ed invece una settimana dopo l'omicidio del giudice Borsellino a Palermo, Rita che era diventata Testimone di giustizia e viveva a Roma ... si uccise ... Rita non c'è la fa ad andare avanti senza quel giudice che per lei era diventato un papà...

“Credevo che il tempo potesse guarire tutte le ferite. Invece no. Il tempo le apre sempre più fino ad ucciderti, lentamenteâ€, scriveva Rita Atria nel suo diario, prima di togliersi la vita il 26 luglio del 1992. Pochi ricordano il suo nome e la sua vicenda drammatica, intrecciata con quella di Paolo Borsellino, ucciso dalla mafia solo una settimana prima di lei.

"Ora che è morto Borsellino, nessuno può capire che vuoto ha lasciato nella mia vita. Tutti hanno paura ma io l’unica cosa di cui ho paura è che lo Stato mafioso vincerà e quei poveri scemi che combattono contro i mulini a vento saranno uccisi".

"Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarsi. Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi ma io senza di te sono morta".

Ora la sua storia potrebbe cambiare.

"Rita Atria morì ma soli 17 anni, a Roma il 26 luglio 1992, ufficialmente per suicido. Morì una settimana esatta dopo la strage di via D'Amelio, dove persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta. Rita era molto legata al giudice Borsellino. La ragazza era stata costretta a vivere a Roma in quanto c'era il fondato pericolo di vita. Rita morirà da sola, senza alcun supporto affettivo e psicologico, senza nessuna scorta e tutela, abbandonata a se stessa". Inizia cosi' l'istanza di riapertura indagini sulla morte di Rita Atria, presentato alla procura di Roma dall'Associazione Antimafie Rita Atria e da Anna Maria Rita Atria, sorella della giovane testimone di giustizia, tramite l'avvocato Goffredo D'Antona del foro di Catania.

Tra le richieste contenute nel documento quella di valutare l'opportunità di riesumare il cadavere "per verificare se sotto le unghie vi sia materiale utile alle indagini ed ai tempi non ricercato e per ricercare altri elementi che, con le tecniche sofisticate di oggi, potrebbero essere utili". È opportuno verificare se tutti gli atti compiuti dalla polizia giudiziario "siano stati depositati presso la procura".

Si tratta di "acquisire nuovi elementi di prove utili per procedere allo stato contro ignoti per il reato di omicidio volontario o istigazione al suicidio aggravata".

Dalle indagini, "gravemente incomplete con passaggi e scelte investigative inspiegabili, non emerge mai alcuna figura di riferimento". Emerge, viene scritto nell'istanza che chiede la riapertura delle indagini, "l'assoluta assenza degli uomini dell'Alto Commissario per la lotta alla mafia (nel documento semplificato con Alto Commissario) al quale una bambina di 17 anni, che aveva deciso di denunciare alla magistratura tutto quello che sapeva sulla mafia di Partanna, era stata affidata dal tribunale dei minori di Palermo, in data 4 marzo 1992".

Il primo dato che emerge dalle indagini compiute ai tempi è il tasso alcolico nel sangue di Rita 0,38%.

"Ora è un fatto notorio - si legge nell'esposto - che l'alcol nel sangue di una persona viva si smaltisce in poche ore. Ma anche post mortem si ha uno smaltimento dell'alcol, sia pur in una misura piu' lenta, per ossidazione". Si è detto che Rita doveva avere un tasso elevatissimo di alcol nel sangue, si è detto che non c'era alcol in casa da bere. Nell'appartamento dove Rita era rifugiata, non è stata trovata nessuna bottiglia di alcolici, per come riportano tutti i verbali. Qualcuno ha "fatto ubriacare la povera Rita e poi si sia portato via le bottiglie vuote. Anche argomentando nell'ipotesi del suicidio, va valutata una ipotesi di istigazione. E non vi è prescrizione per istigazione al suicidio di un soggetto incapace di intendere e di volere".

C'è un orologio da polso e da uomo fotografato sul frigorifero in cucina. Un orologio è una miniera di dati biologici, peli sudore micro particelle epidermiche. L'orologio è stato fotografato, ma non repertato e non sequestrato. Di chi era quell'orologio posato ordinatamente sul frigorifero, in una casa con uno strano disordine? E perchè non è stato repertato?".

Conclude l'istanza presentata alla procura di Roma: "Non siamo qui a voler scrivere la Storia di una ragazzina di 17 anni che si era affidata allo Stato e alla Giustizia. Siamo qui a chiedere giustizia, a chiedere attenzione ad una vicenda umana e processuale che è stata svolta in maniera ingiusta, che sarebbe ingiusta non solo nei confronti di Rita Atria, testimone di giustizia, la 'picciridda' come la definiva Borsellino, ma nei confronti di una ragazzina qualunque. Abbiamo posto dei quesiti che riteniamo meritino una riposta".

Il punto di partenza "è capire chi erano le persone fisiche che avevano in cura e la vigilanza di Rita Atria, perchè quando si è sotto scorta e sotto protezione, devono esserci persone adibite a proteggere e verificare, a cominciare dal quel momento quali manchevolezze ed omissioni vi siano state".

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