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Cronaca

È morto Matteo Messina Denaro

25 Settembre 2023 06:00, di Laura Spanò
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Se ne va l'ultimo stragista di Cosa Nostra

AGGIORNAMENTO - 9,17 - La salma di Matteo Messina Denaro è stata spostata dalla cella riservata ai detenuti del 41bis all’obitorio del carcere di L’Aquila, nei locali sotterranei inaccessibili, dove neanche la figlia Lorenza e la nipote Lorenza Guttadauro (suo avvocato di fiducia) che da giorni si sono trasferite in città per stare accanto al boss, possono avvicinarsi. Il corpo del boss di Castelvetrano dovrà infatti essere sottoposto ad autopsia prima di lasciare il capoluogo della regione Abruzzo per essere tumulato a Castelvetrano.

Aquila - ore 6.00 - Dopo una agonia di alcuni giorni è morto nell’ospedale dell’Aquila il boss Matteo Messina Denaro, l’ultimo stragista di Cosa Nostra arrestato a gennaio dopo 30 anni di latitanza.

«Mi avete preso per la malattia, senza non mi prendevate», l'aveva detto nell’interrogatorio di febbraio in tono provocatorio al procuratore di Palermo de Lucia e al suo vice Paolo Guido, qualche settimana dopo l’arresto. «Intanto l’abbiamo presa», replicò a tono il procuratore. Matteo Messina Denaro avrebbe voluto farsi trovare già morto dalla Stato, ma da latitante ed invece al contrario del padre rivendicando il risultato finale di una partita giocata da Matteo Messina Denaro Francesco, il boss di Castelvetrano ricercato dal 1990 e restituito cadavere allo Stato e ai suoi familiari nel 1998, Matteo, che ne raccolse l’eredità di capomafia, avrebbe voluto emularlo anche in questo ed è rimasto un fuggiasco per trent’anni. Matteo però ha subito l'onta dell'arresto, il carcere e poi l'agonia e infine nella notte la morte. Messina Denaro era rimasto l’unico boss in libertà tra quelli condannati per le stragi del 1992 e 1993 e le stragi di Firenze, Milano e Roma. L'arresto per Messina Denaro è stato uno smacco e lo Stato è riuscito a evitare sul filo dell’ultima mossa, facendo sì che l’imprendibile padrino di Castelvetrano trascorresse in prigione almeno il tratto finale della sua vita. É morto però senza ottenere da lui altro che l’orgogliosa ostentazione di non volersi pentire.

Il capomafia soffriva di una grave forma di tumore al colon che gli era stata diagnosticata mentre era ancora ricercato, a fine 2020. Dopo la cattura,  Messina Denaro è stato sottoposto alla chemioterapia nel supercarcere dell’Aquila dove gli è stata allestita una sorta di infermeria attigua alla cella. Una equipe di oncologi e di infermieri del nosocomio abruzzese ha costantemente seguito il paziente apparso subito, comunque, in gravissime condizioni.

Nei 9 mesi di detenzione, il padrino di Castelvetrano è stato sottoposto a due operazioni chirurgiche legate alle complicanze del cancro. Dall’ultimo non si è più ripreso, tanto che i medici hanno deciso di non rimandarlo in carcere ma di curarlo in una stanza di massima sicurezza dell’ospedale.

Matteo Messina Denaro è morto con diversi ergastoli sulle spalle, inflittigli per almeno quattordici omicidi più le stragi, ma fino alla fine ha sostenuto di aver conosciuto la mafia solo dai giornali. Come hanno sempre fatto i veri mafiosi. Ammettendo solo che il suo unico scopo era fare soldi. Muovendosi tra l’Italia e l’estero, dove ha raccontato di essere andato spesso a partire dal 2006, dopo l’arresto di Provenzano e la scoperta dei pizzini che gli aveva inviato. Scritti al computer. Quel computer che gli inquirenti ancora stanno cercando, non accontentandosi della contabilità delle spese correnti appuntata sui fogli sparsi da lui e sua sorella. Ma il capomafia ha negato di averlo mai usato; così come ha negato di avere la disponibilità di altri covi oltre quelli scoperti, che magistrati e investigatori continuano a cercare: lì devono essere custodite le carte più importanti e segrete che probabilmente gli hanno garantito protezione durante una latitanza così lunga, finita solo a causa della malattia. Aggiungendo però: «Queste cose io, qualora ce le avessi, non le darei mai, non ha senso per il mio tipo di mentalità».

Poi ci sono i soldi. Dove li ha nascosti? Come li ha investiti, e tramite chi? «Se ho qualcosa non lo dico, sarebbe da stupidi», aveva risposto al giudice nel corso del suo interrogatorio. Segreti destinati a rimanere tali, forse, ancor più ora che il boss è morto.

Venerdì, sulla base del testamento biologico lasciato dal boss che ha rifiutato l’accanimento terapeutico, gli è stata interrotta l’alimentazione ed è stato dichiarato in coma irreversibile.
Nei giorni scorsi la Direzione sanitaria della Asl dell’Aquila ha cominciato a organizzare le fasi successive alla morte del boss e quelle della riconsegna della salma alla famiglia, rappresentata dalla nipote e legale Lorenza Guttadauro e dalla giovane figlia Lorenza Alagna, riconosciuta recentemente e incontrata per la prima volta nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila ad aprile. La ragazza, con la nipote del boss e la sorella Giovanna, gli è stata accanto negli ultimi giorni.

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