Bancarotta fraudolenta, arrestato imprenditore alcamese nel settore dei prodotti per la casa
Operazione della Guardia di Finanza ad Alcamo, indagate altre dieci persone
L'mprenditore alcamese Giuseppe Artare, 56 anni, indagato per bancarotta fraudolenta ed intestazione fittizia di beni, è stato posto oggi agli arresti domiciliari dalla Guardia di Finanza che sta anche eseguendo diverse perquisizioni presso abitazioni e sedi di società riconducibili ad altri soggetti indagati.Â
Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Trapani, riguardano dieci persone accusate di bancarotta fraudolenta, frode fiscale, intestazione fittizia di beni e illecito trasferimento di denaro. I finanzieri alcamesi hanno scoperto un complesso sistema criminale caratterizzato dalla creazione di numerose società per la vendita al dettaglio di casalinghi dalle quali, con sistematicità , sarebbero state sottratte illecitamente grandi quantità di beni e denaro attraverso opportune operazioni aziendali e finanziarie.
Le indagini sono state avviate dopo il fallimento di una società dell’arrestato. I finanzieri, infatti, hanno accertato che ingenti somme di denaro dell’azienda, da utilizzare per il pagamento di fornitori e dipendenti, sono state trasferite sui conti correnti personali dell’imprenditore per poi essere illecitamente impiegate per finanziare due nuove attività commerciali intestate a soggetti prestanome e nullatenenti.
Dalle intercettazioni telefoniche sarebbe emerso un collaudato sistema realizzato dal soggetto arrestato grazie alla complicità di un noto consulente fiscale alcamese e di alcuni imprenditori delle province di Trapani e Palermo. I prestanome, nullatenenti, i quali dovevano esclusivamente firmare i documenti di costituzione delle nuove società e successivamente, gli indagati sottraevano la merce in magazzino e gli incassi delle vendite, senza, in alcuni casi, pagare gli stipendi agli ignari dipendenti delle società , determinandone la crisi e il conseguente fallimento.
L’analisi della documentazione contabile e le indagini bancarie effettuate dalle Fiamme Gialle hanno permesso di quantificare un guadagno illecito complessivo pari a oltre 1milione e 200mila euro che l'imprenditore arrestato avrebbe dirottato in una società immobiliare e in una attività di ristorazione, entrambe fittiziamente intestate ad alcuni familiari.
Le indagini, inoltre, hanno riguardato anche un compiacente imprenditore napoletano, principale fornitore delle società , che tramite simulate operazioni commerciali, avrebbe prodotto un vertiginoso aumento dei debiti e favorito rapide e concordate crisi aziendali. Il successivo fallimento delle società  garantiva all’imprenditore campano un ingente risparmio fiscale connesso ai crediti non incassati e il trasferimento sottobanco, in accordo con gli altri complici, di partite di merce già oggetto di fatturazione alle società fallite a favore di altre società riconducibili agli stessi indagati.
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